Trenitalia scrive:

Nonostante il perdurare del maltempo nelle regioni dell’arco alpino, Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, oltre che in Emilia Romagna, la circolazione ferroviaria in tutte queste aree sta continuando a garantire i collegamenti fra le città pur con ritardi e alcune cancellazioni.
Nella giornata odierna su 430 treni programmati per la media-lunga percorrenza, i provvedimenti di cancellazione interessano circa il 5% dei convogli.

Ho una persona bloccata in Centrale che deve raggiungere Vicenza e dopo qualche ora (mi ha appena avvisata) gli hanno detto che tutti i treni per Vicenza/Venezia sono stati cancellati causa maltempo. In un solo botto ho scoperto qual è più dell’1% dei treni cancellati? Sono un fenomeno paranormale!

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Leggo sul Corriere online:

«La metropolitana viaggia a pieno ritmo» ha assicurato fin dal mattino il vice-sindaco De Corato a Sky Tg24. «Ieri abbiamo avuto qualche problema in uscita da Milano come avevo previsto. Ma i pendolari non hanno ascoltato il consiglio che avevo dato: sono voluti entrare con l’auto in città e per questo ci sono stati disagi. I mezzi di superficie oggi funzionano e le tre linee di metro non hanno problemi. Se guardiamo le altre città europee come Londra e Parigi sono forse messe peggio di noi».

Iniziamo con l’abbiccì: io vado a Milano per lavorare, non per divertirmi, fare shopping o che. Detto ciò ieri io sono tornata a casa in macchina e ci ho messo più di 5 ore per un percorso che abitualmente me ne richiede una (traffico compreso); mia cugina, che ha deciso di muoversi in treno, non è tornata a casa. Si è dovuta fermare a dormire fuori perché i treni non andavano più.
Grazie Decorato per il saggio consiglio!
Secondo: se la nevicata era prevista, com’è che nelle due ore necessarie ad uscire da Milano non ho incontrato nemmeno uno spazzaneve? E i vigili a dirigere il traffico impazzito perché non c’erano? Stiamo parlando di Milano, eh, quella che si fa bella per l’Expo 2015.. a Vimercate c’erano sia gli spazzaneve che i vigili. Decorato, che facciamo, spostiamo l’Expo a Vimercate perché loro sono più attrezzati?

Meglio che smetta di leggere il giornale, va.

Ieri sera, mentre guardavo il TG, il nostro Presidente del Senato – Renato Schifani – ha paragonato gli ormai famosi gruppi di Facebook sul lancio del souvenir in faccia a Silvio Berlusconi a certe sigle estremiste e violente degli anni ’70.

Le opinioni spese in questi giorni a riguardo sono tante e tutte diverse: c’è chi dice che la rete è solo un medium e chi dice che insomma, la spazzatura c’è e si vede, e che forse un giro di vite (qualsiasi cosa significhi) sarebbe il caso di attuarla.

Ricordo che da piccolo mio padre tornava a casa dall’ufficio con delle vignette umoristiche – ricevute attraverso i primi fax e telex e poi fotocopiate da collega a collega. Nei tempi in cui le tangenti erano chiamate bustarelle – queste primitive strisce, palesemente amatoriali, erano satira self-made spedita e “viralizzata” coi mezzi che c’erano.

Oggi niente è cambiato: una battuta fatta tra colleghi, o sentita al bar – viene trasmessa solo in modo più veloce e capillare attraverso gli SMS, o gli status dei social network, o ancora con la voce, alla macchinetta del caffè – e poi successivamente ampliata, perfezionata, trasmessa da un non-luogo verso gli schermi di tutti i conoscenti connessi.

Al bar – il giorno dopo l’attentato a Silvio Berlusconi – non c’era persona (di qualsiasi schieramento politico, sia chiaro) che non abbia anche solo minimamente ironizzato sull’accaduto: perché se è vero che nessuno è così barbaro da scagliare o avvallare il lancio di un modellino sulla faccia di qualcuno è vero anche che, vuoi per l’esuberanza del nostro Presidente, vuoi proprio per il simbolo della “sua” città piombatogli in faccia, vuoi perché alla fine “non è morto nessuno”  – la battuta era facile, troppo facile.  Certo, di bassa lega, ma l’occasione era ghiotta per chiunque.

Un modellino di Duomo non ̬ una torta di panna Рtaglia labbra, spacca denti: ma chi ha scherzato deve per forza essere un estremista o un violento? Non credo proprio.

Ma anche se lo fosse questo non è un problema della rete – o di Facebook.

L’unica differenza che noto  è che tutte le conversazioni dentro la rete possono essere in qualche modo tracciate, analizzate, controllate, monitorate – o, per dirla in breve – intercettate.

I fax umoristici che riceveva mio padre no, e lo stesso vale per le battute da bar.

Paradossalmente questa strana forma di libero controllo spaventa i nostri politici, ed è assurdo: sapere che 10.000 persone criticano aspramente una cosa sul web non è poi tanto diverso dal sapere che 10.000 persone lo fanno davanti ad un cappuccio e un cornetto.

Chi ne sta fuori spesso ne ha paura (mia madre mi ha telefonato per assicurarsi che io non fossi iscritto a “quei gruppi” sull’internet), e lo stesso vale per la nostra attuale classe politica. Nessun “illuminato” censurerebbe anche solo minimamente un mezzo del genere.

I gruppi di Facebook a differenza del bancone del bar conteggiano, mostrano dati, cifre, nomi e foto.

Per i politici il web dovrebbe essere una immensa urna elettorale aperta 24 ore su 24, il modo più economico, immediato e potente per conoscere gli umori del popolo – certamente qualcosa che non si può regolarizzare con 4 filtri DNS e una palata di censura.

Il web è molto più trasparente e cristallino di tante altre forme di comunicazione, ma ha un carattere decisamente meno malleabile. Che sia questo il problema?

Venerdì scorso alla GGD di Milano, Leonora era seduta di fronte a me, con l’immancabile macchina fotografica in mano. Qui gli scatti della serata.
Nella pagina di ogni foto su Flickr, come ad esempio qui, c’è scritto: All rights reserved.
Che vor dì?
Se vuoi usare una di quelle foto, devi contattare Lyonora e metterti d’accordo con lei. Semplice, no?

Vuoi mettere, invece quanto si faccia prima a scaricare le foto da flickr e rimarchiarle come tue?

megamodo

Sul sito di Mind The Lab, che sarebbero quelli che fanno Megamodo, si legge:

potremmo definirlo un’agorà virtuale in cui le persone si trasformano da semplici utenti della rete a veri e propri protagonisti, in grado di confrontarsi, di esprimere opinioni, di entrare in contatto diretto con le news. Il fruitore smette di essere tale per divenire contenuto stesso.

Vedi Lyo che avevi capito male? Non si sono appropriati del tuo lavoro, no, no, è che tu hai smesso di essere fruitore per divenire contenuto stesso.

(..che schifo..)

@update (12.33): stanno provando a metterci una pezza, ma il risultato non è molto elegante:

megamodo2

Il link su “foto” non porta all’account Flickr di Lyo, ma è pubblicitario (ok, automatico, però..)

@update (12.38): il post è stato eliminato.
@update (16 e spicci): scrive Lyo su Friendfeed che le è arrivata una telefonata di scuse e di (?) giustificazioni:

sono stata al telefono 30 minuti con l’amministratore delegato di Mind the Lab. Dice che le foto gli sono arrivate dall’agenzia allegate all’articolo e ha dato per scontato di poterle usare.. Mi sembra un po’ strano.. fatto sta che assicura di non averlo fatto in malafede. Gli ho consigliato di ripubblicare il post con i credit e un commento di spiegazione ma non sono certa che abbia capito il motivo di tanta indignazione (sono arrivati decine e decine di commenti, ovviamente mai pubblicati..)

Jimmy Wales, il fondatore di Wikipedia, lancia un appello semplice e sincero, per invitare tutti a contribuire al fundraising:

Oggi vi chiedo di fare una donazione a sostegno di Wikipedia.

Ho dato avvio a Wikipedia nel 2001 e negli ultimi otto anni sono stato sorpreso e onorato di vedere centinaia di migliaia di volontari unirsi a me nel creare la più vasta enciclopedia della storia umana.

Wikipedia non è un sito internet commerciale. È la creazione di una comunità, è completamente scritta e sostenuta da persone come te. Più di 340 milioni di persone usano Wikipedia ogni mese – quasi un terzo del mondo in cui arriva internet. Tu sei parte di questa comunità.

Io credo in noi. Credo che Wikipedia continuerà a migliorarsi. L’idea è tutta qui: una persona scrive qualcosa, un’altra la migliora di un poco e questa cosa continua a migliorare nel tempo. Se oggi la trovi utile, immagina fin dove possiamo arrivare insieme tra cinque, dieci, vent’anni.

Wikipedia parla della capacità delle persone come noi di fare cose straordinarie. È gente come noi quella che scrive Wikipedia, una parola alla volta. È gente come noi che la sostiene. È la prova della nostra collettiva capacità di cambiare il mondo.

Dobbiamo proteggere lo spazio dove avviene questo importante processo. C’è bisogno di proteggere Wikipedia. Vogliamo mantenerla gratuita e libera dalla pubblicità. Vogliamo mantenerla aperta – perché tu possa usarla come preferisci. Vogliamo che continui a crescere, diffondendo la conoscenza ovunque e stimolando la partecipazione di chiunque.

La Wikimedia Foundation è l’organizzazione no-profit che ho creato nel 2003 per far funzionare, crescere e proteggere Wikipedia. Con dieci milioni di dollari l’anno e uno staff di meno di 35 persone, gestisce il quinto sito web più frequentato del mondo. Vi chiedo un aiuto per poter continuare il nostro lavoro.

Immagina un mondo in cui ognuno possa avere libero accesso a tutto il patrimonio della conoscenza umana. Questa è la nostra meta. E col tuo aiuto ci arriveremo.

Grazie per aver usato Wikipedia. Tu sei parte di questa storia: fa’ oggi stesso una donazione.

Jimmy Wales

Fondatore di Wikipedia

Se fai una donazione a Wikimedia Italia è deducibile dalle tasse!

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Lunghi weekend by

14 Dic
2009

Quello appena trascorso è stato un weekend lungo e faticoso almeno quanto una settimana di lavoro intenso.
Venerdì sera sono stata alla GGD#10 di Milano.
Sabato mi sono spostata a Bologna per la GGD#5 e lungo il viaggio ho fatto delle interessanti conversazioni con la mia compagna di viaggio, Michela. Per l’occasione Cecilia e Linda mi avevano dato un tema stimolante da affrontare, “donne e motori di ricerca”:


Ieri infine sono arrivata nei dintorni di Prato per la prima riunione dal vivo (di quest’anno) del direttivo di Wikimedia Italia.

Ci siamo. La conferenza sul clima di Copenaghen è iniziata. Non ho idea di come andrà e se riusciranno sul serio a mettere giù qualcosa di scritto o se si risolverà tutto in un sacco di paroloni. Il mio modesto contributo lo vorrei dare spiegando due o tre concetti base della climatologia. Infatti mi pare che, sempre più spesso, il dibattito fra chi dice che le attività umane stanno sconvolgendo il clima e chi dice che son tutte scemenze sia ad un livello non molto superiore al tifo da stadio; da entrambi i lati si sentono solo persone scarsamente informate sui fatti che non portano alcun dato reale a sostegno delle proprie tesi o, se portano qualche dato, è roba parziale e/o distorta. Certo, le eccezioni ci sono. Siccome però di eccezioni si tratta vediamo di fare un po’ di chiarezza.

Partiamo dall’effetto serra: che la terra sia illuminata e riscaldata dal sole lo sanno anche i sassi. Quello che forse non tutti sanno (o, più probabilmente, quello a cui non tutti pensano) è che gran parte della luce del sole viene riflessa dalla superficie terrestre e quindi non contribuisce in alcun modo (se volete essere pignoli contribuisce molto poco) a riscaldare il nostro pianeta. Se però nell’atmosfera ci sono gas capaci di assorbire la radiazione infrarossa questi si “mangeranno” una parte della radiazione solare e, invece di riemetterla, si riscalderanno. Questo calore verrà poi passato agli altri gas contribuendo a scaldare l’atmosfera più di quanto non sarebbe successo senza di loro. I gas che producono questo effetto (detti gas serra) sono svariati; il più citato è sicuramente l’anidride carbonica ma non è sicuramente l’unico: vapor acqueo, metano ed ozono sono altri gas serra. Non è che l’effetto serra sia di per se un male, un po’ di effetto serra aiuta a mantenere la terra calduccia e confortevole. Il problema è quando di questo effetto ce ne è troppo perché (ed il motivo lo vedremo tra poco) aumentare troppo la temperatura terrestre può non essere una bella cosa per l’umanità.

Ora mettiamo un punto fermo: l’esistenza ed il funzionamento dell’effetto serra NON è in discussione. L’effetto serra è stato scoperto nel lontano 1824 da Joseph Fourier (sì, proprio il famoso matematico) e da allora è stato studiato in tutte le salse sia in laboratorio che nell’ambiente. Non vi è dubbio alcuno che l’effetto serra esista e che sia in grado di scaldare la terra; se volete essere pignoli la probabilità che l’effetto serra sia una cretinata è circa la stessa che la terra sia un disco appoggiata sulla schiena di 4 elefanti. La domanda quindi è: quanto incidono i gas serra dovuti all’attività umana sul clima terrestre? E: il cambiamento del clima indotto dall’attività umana è tale da produrre danni di cui valga la pena di preoccuparsi?

Rispondere a queste due domande non è banale (fosse banale non staremmo qui a discutere) perché il clima è influenzato da un gran numero di fattori e tutti questi agiscono in maniera molto complessa. Il metodo utilizzato dai climatologi è quello di studiare in laboratorio i meccanismi microscopici (ad esempio la fluidodinamica) e poi, una volta che tutti questi meccanismi sono ben compresi, creare dei modelli che descrivano il clima a partire dalle equazioni fondamentali. Il problema è che queste equazioni fondamentali (sulle quali non c’è molto da dubitare) sono equazioni differenziali non lineari accoppiate e che, per modellizzare correttamente il clima, è necessario scrivere un sistema di centinaia di queste equazioni. È impossibile risolvere un sistema del genere e quindi è necessario introdurre alcune semplificazioni e poi risolvere il tutto per via numerica sfruttando enormi super-computer.

A questo punto ci sono due ordini di problemi: se le approssimazioni che abbiamo introdotto non inficiano le nostre previsioni e se i programmi che abbiamo scritto per risolvere il sistema di equazioni non siano sbagliati o abbiano qualche bug. La soluzione ai due problemi è la stessa ed è ben nota: basta fare diversi conti con programmi diversi scritti da persone diverse sfruttando approssimazioni diverse (ma tutte ragionevoli). Se i risultati ottenuti son sempre i soliti allora ci possiamo fidare. Un altro test che possiamo fare è quello di dare in pasto ai nostri programmi i dati climatici fina a (diciamo) 100 anni fa e vedere se questi riescono a prevedere l’andamento del clima degli ultimi 100 anni. Il risultato (per certi versi sorprendente per altri meno) è che, se facciamo finta che l’uomo non abbia mai prodotto più gas serra di quelli naturalmente presenti, i nostri programmi falliscono miseramente; se però teniamo conto di questi gas serra “extra” allora funzionano egregiamente. Questo è essenzialmente il motivo per cui si dice speso che la “comunità scientifica” non ha dubbi sul fatto che l’attività umana stia contribuendo all’effetto serra.

A questo punto siamo ragionevolmente convinti di essere in grado di prevedere il clima (che non è la stessa cosa del tempo atmosferico). Per fare delle previsioni però è necessario fare delle assunzioni su come andranno certe cose in futuro. L’aumento delle emissioni di anidride carbonica continuerà con gli stessi ritmi odierni? Crescerà? Diminuirà? In che zone del globo terrestre avverranno queste emissioni? Non è facile saperlo e quindi le previsioni sul clima vengono fatti sulla base di “scenari”. In pratica si prende per ipotesi che le cose vadano in un certo modo e poi si fa una previsione di come cambierà il clima in questo caso. Scenari diversi portano, ovviamente, a previsioni diverse. Alcune sono catastrofiche, altre meno. Tutte concordano nel dire che la temperatura della terra salirà.

E qui passiamo al secondo punto importante: che ce ne frega se la temperatura della terra sale? Anche qui è bene mettere le cose in chiaro: la temperatura della terra è già salita in passato senza che l’uomo ne avesse alcuna colpa. Alla fin fine siamo in un periodo inter-glaciale e quindi è normale che le temperature salgano rispetto all’epoca dei Mammut. È altrettanto vero che la temperatura media negli scorsi millenni ha subito fluttuazioni considerevoli (nel medio evo abbiamo avuto sia un periodo di caldo che un periodo di freddo piuttosto estremi). Ciò non toglie che, seppur non definitive al 100%, una gran quantità di dati indipendenti concordino nel mostrare un innalzamento della temperatura peculiarmente rapido dall’inizio dell’era industriale. L’innalzamento della temperatura non vuol dire che domani moriremo tutti ma vuol dire che dovremo mettere in conto tutta una serie di cambiamenti che avverranno nell’arco di decine di anni invece che nei secoli che ci sarebbero voluti senza che noi avessimo prodotto gas serra in abbondanza. Questi effetti vanno da una diminuzione della quantità di acqua potabile disponibile (a meno di non voler desalinizzare il mare), ad una rapida desertificazione di vaste aree (e qui l’agricoltura intensiva non aiuta un granché) ad una diminuzione delle terre emerse (si consiglia agli abitanti di Milano di comprare le pinne). Certo, altre zone attualmente inospitali diventeranno verdi e rigogliose. Tuttavia a me personalmente l’idea di rilocare gli abitanti di New York e Boston in Alaska non mi sembra di così facile attuazione e non voglio nemmeno pensare ai flussi migratori che dovremo gestire quando buona parte di chi vive nel bacino mediterraneo (italiani inclusi) si riverserà verso le (attualmente) gelide steppe russe.

In aggiunta a questo dobbiamo prendere in considerazione la differenza fra clima e tempo atmosferico. Se quando parliamo di clima parliamo di valori medi stagionali e di fluttuazioni su decine di anni quando parliamo di tempo atmosferico parliamo di quanto farà nuvolo domani. Mentre il clima è complicato ma decentemente “well behaved” il tempo atmosferico ha il brutto vizio di essere caotico nell’accezione matematica del termine. Questo vuol dire che piccole fluttuazioni nella temperatura media possono portare a grosse variazioni nelle precipitazioni, nei venti ecc.Tanto più queste fluttuazioni sono intense e rapide tanto più si rischierà di trovarsi di fronte ad eventi atmosferici intensi ed imprevedibili tipo le onde anomale.

Insomma, le evidenze scientifiche ci dicono che il riscaldamento globale è una realtà e che questo è (almeno in parte) dovuto all’attività umana. Non è che possiamo pensare da domani di chiudere tutte le industrie o obbligare tutti a costose riconversioni dato che nessuno di noi è seriamente disposto a tornare allo stile di vita dei nostri bisnonni (chi mi tocca la lavatrice o il frigorifero è un uomo morto). È altrettanto vero che non esiste ancora alcuna soluzione tecnologica “perfetta”. Ma non mi paiono buoni motivi per nascondere la testa sotto la sabbia e far finta di nulla.

Grosse novità in casa Wikimedia Italia: siamo diventati APS!
La prima interessante conseguenza è che le donazioni sono deducibili dalle tasse.. speriamo che questo invogli un po’ 🙂
Giulia, la meravigliosa segretaria di WMI, ha raccontato gli obiettivi raggiunti e quelli che ci poniamo per il 2010 nell’editoriale dell’ultimo numero di Wikimedia News:

Siamo finalmente giunti alla fine del percorso intrapreso nove mesi fa per il riconoscimento dell’associazione come APS: sono scaduti i termini perché la neonata (e disorganizzata) Provincia di Monza e Brianza si opponga. Gli ultimi giorni sono stati frenetici per la nostra Presidente, che ha ottemperato a tutte le richieste dei burocrati affinché tutto fosse perfetto. A lei e a Nemo, che si sono adoperati per mesi per conseguire questo importante traguardo vanno i nostri ringraziamenti.

La prima conseguenza è che abbiamo la detraibilità delle donazioni dalle tasse. Qui le spiegazioni su come donare per poter sfruttare le agevolazioni fiscali.

La seconda, non meno importante conseguenza è l’adesione al Fundraising 2009/10 della Wikimedia Foundation, mediante il Chapter Fundraising Agreement. In sostanza potete fare una donazione a Wikimedia Italia, godendo dello sconto fiscale e finanziando allo stesso tempo sia Wikipedia e gli altri progetti, che le attività di Wikimedia Italia.

Questo è perciò il momento di progettare le azioni da intraprendere nel 2010 per promuovere con convinzione ed efficacia la cultura libera.

Abbiamo aperto una commissione il cui compito sarà quello di contattare istituzioni pubbliche e private per ottenere materiale liberato: importiamo dagli altri capitoli alcune strategie efficaci. L’esperienza del Deutsche Fotothek è un esempio di quello che potremmo ottenere, ricordando che l’Italia è un paese che può vantare una rete museale diffusa sul territorio e questo patrimonio potrebbe essere condiviso attraverso donazione di immagini e testi.

Altrettanto capillare è la rete delle biblioteche. In ogni biblioteca è conservato materiale di rilevanza enciclopedica, e non vanno trascurate le relazioni fra i bibliotecari e gli autori di importanza locale. Un’opportunità di incontrare i bibliotecari ci sarà offerta all’inizio dell’anno dalla Regione Toscana che ci ha contattati per organizzare una giornata di formazione su Wikipedia.

Abbiamo dei contenitori aperti, ma poco caratterizzati, come Biblioteca e Musica, che possono ricevere impulso da collaborazione con questi enti e con scuole di musica e Conservatori.

Per trasformare questi progetti in realtà ci servono persone che mettano a disposizione il proprio tempo.

Nel 2010 oltre a sperare in un maggior coinvolgimento da parte dei soci è nostra intenzione attivare degli stage, bandire delle borse di studio, sovvenzionare progetti di collaborazione con specifiche istituzioni.

L’associazione si avvia verso il suo quinto anno di vita. Per mettere a frutto l’esperienza e presentarsi alle istituzioni come associazione matura vorremmo ripetere l’esperienza del Festival delle Libertà Digitali, la cui organizzazione ci stimola a contattare associazioni con cui condividere l’ideale di cultura libera, scoprendo insospettabili connessioni.

Quest’anno i rapporti fra WMI e la Foundation sono stati caratterizzati da difficili relazioni con lo staff, purtroppo questo ci conferma l’importanza di investire sui capitoli locali, sui volontari e sulla loro vitalità. Continuando a sostenere i progetti della WMF, anche economicamente, ognuno di noi può mettere la sua tessera per costruire il puzzle.

A proposito di tessere… non dimenticate di rinnovare la tessera di Wikimedia Italia per il 2010!

Xaura

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Due anni e mezzo fa sono stata contattata per uno studio su Wikipedia da Luciano Paccagnella, ricercatore di sociologia presso l’università di Torino. Lo studio è poi stato pubblicato sul finire del 2007 in “Rassegna italiana di sociologia”, 4, p. 653-680, 2007 ed è ora disponibile online qui.
A settembre di quest’anno ci siamo risentiti, perché l’articolo era diventato un capitolo all’interno di un libro di prossima pubblicazione (sarà edito da Il Mulino): Conoscenza aperta e società dell’informazione.
Il capitolo su Wikipedia che ho avuto l’onore di leggere in anteprima l’ho trovato molto bello, molto chiaro e completo.

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Nell’ultimo numero di “Arcore x te”, il brillante notiziario comunale di Arcore, il sindaco ha speso i miei soldi per aggiungere a parte una lettera inutile (formato A5, bella carta, stampata in fronte retro) che risponde alla richiesta di dimissioni da parte dell’opposizione.
La critica al sindaco e alla sua amministrazione è sempre la stessa: l’immobilismo.

La risposta del sindaco parla di una tangenziale futura (molto futura e molto passata: se ne parla da quasi dieci anni), della manutenzione nelle scuole (la sua risposta preferita, l’ha ribadito già 10 mesi fa: “sindaco ma non fate niente” “non è vero, abbiamo appena rifatto i cessi delle scuole medie”), ma soprattutto pone come prioritarie queste opere:

* la riqualificazione e la manutenzione delle strade
* un incremento ed adeguamento degli impianti di pubblica illuminazione
* la creazione di piste ciclabili

che in un paese angosciato dal traffico (Arcore ha una forma allungata e si incunea tra alcune arterie molto trafficate, la mobilità cittadina si limita essenzialmente alla strada provinciale che lo attraversa e che è un punto di attraversamento forzato, dato che il paese è stretto tra la ferrovia e le colline), dall’assenza di parcheggio, sempre più paese dormitorio, mi sembrano effettivamente dei problemoni.

Quanto alle strutture (de)cadenti che fanno parte del patrimonio cittadino (il centro, la ex-scuola Olivetti ossia un casermone abbandonato in pieno centro, la villa Borromeo) i piani sono più che fumosi e dicono sempre e solo che la “definizione della nuova destinazione” addavenì.

Complimenti sindaco, procediamo pure così.

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