Pennac mi perdonerà se gli rubo il titolo di uno dei suoi romanzi che ho meno amato, per tirare le fila di tutto quel che è accaduto, accade e accadrà (senza nemmeno dover far ricorso alla sfera di cristallo, ohibò!).

Futuro: domattina alle 9.30 a Roma, prima udienza della causa milionaria.

Passato: Google dona 2 milioni di euro a Wikimedia Foundation e il mondo indaga: sarà per via di Knol? Sarà un complotto per uccidere ogni concorrenza? Lo scopriremo solo leggendo.

Presente: si conclude il primo atto del caso Vividown e Google è dalla parte degli sconfitti. Non sono sufficientemente lucida per fare delle analisi in questo momento, ma non mi sembra che questa direzione porti a nulla di buono.

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La montalcini Nobel in Fisica? (anzi, in Fiscia?)

La montalcini Nobel in Fisica? (anzi, in Fiscia?)

Io rispetto ed ammiro profondamente la signora (signorina?) Rita Levi Montalcini. È una delle menti più brillanti e più determinate che le nostre desolate lande abbiano prodotto da diversi decenni a questa parte. Per di più una tipa che a cento anni suonati è più lucida di me (o di gran parte di voi se è per questo) non può non ispirare simpatia.

Un po’ meno rispetto e ammirazione invece vanno all’anonimo giornalista (più probabilmente un giovane precario sottopagato) che pare convinto che la Levi Montalcini abbia ricevuto il premio Nobel per la fisica. Anzi, per la fiscia. Ora, io capisco anche che abbia dovutro mettere insieme un articoletto in pochi minuti. Capisco anche che, in quanto schiavo sottopagato, debba fare le cose di corsa. Ma l’essere sottopagati non è una scusante per far male il proprio lavoro ed uscirsene con castronerie del genere. Almeno un giro sulla pagina di Wikipedia l’anonimo in questione poteva pure farsela. Se non altro avrebbe incrementato la sua cultura.

p.s.
Un augurio con tutto il cuore di pronta guarigione a Rita Levi Montalcini. Sei una delle poche persone di cui ancora possiamo andare fieri!

Aggiornamento: pare che la castroneria fosse abbastanza grossa da essere notata ed infatti a Repubblica hanno già corretto il tiro.

Il peggior servizio by

15 Feb
2010

Non so se qualcuno se ne sia accorto ma oramai 3 giorni fa sono iniziati i XXI giochi olimpici invernali. Non so voi ma io questi giochi li attendevo e speravo di godermeli un po’. Lo so che il fuso orario non perdona e che 9 ore di differenza son tante. Lo so anche che molte discipline delle olimpiadi invernali non presentano nè atleti italiani di rilievo nè sono particolarmente spettacolari. Insomma, non è che pretendessi collegamenti 24 ore su 24 ma speravo di poter vedere un po’ di gare anche di sport un po’ meno conosciuti senza dover stare alzato tutta la notte.

Invece il servizio pubblico (la RAI, per intendersi), che già non aveva proprio brillato durante le olimpiadi di Pechino, si sta dimostrando estremamente deludente. Intanto faccio notare che nessuno dei canali “canonici” della RAI (RAI 1, RAI 2 e RAI 3) dedica nemmeno un minuto alle olimpiadi. Chi vuole vedere qualcosa si deve obbligatoriamente dotare del digitale terrestre o della parabola per vedere RAI Sport+ e la cosa non è molto onesta dato che gran parte della popolazione non ha nè l’uno nè l’altra. Comunque sia io la parabola ce l’ho (niente Sky, solo i canali in chiaro presi con un vecchio decoder GoldBox) e quindi due giorni fa mi sono sintonizzato con fiducia su RAI Sport+ nella speranza di vedere qualcosa. Ripeto, non mi aspettavo collegamenti 24 ore al giorno e quindi, quando ho visto che trasmettevano una partita di calcio di nessun interesse, non mi sono perso d’animo e sono andato a vedere sul sito della RAI quando sarebbero stata la diretta. Qui è arrivata la prima brutta sorpresa: durante il giorno non c’era assolutamente nulla. Non una differita delle gare più importanti, non un riassunto dei risultati. Nulla fino alle 22,00.

Con un po’ di sconforto ho atteso fino a sera e mi son gustato un pezzo del pattinaggio di velocità prima di andare a letto (la mattina ho da alzarmi quindi non è che posso passare tutta la notte davanti alla tv). Ieri poi sono tornato sul sito della RAI nella speranza di trovare un po’ di video che mi facessero vedere quello che mi ero perso o almeno i punti più salienti. Invece il nulla più assoluto. Nemmeno un video piccolo piccolo. Niente.

Ieri sera poi abbiamo raggiunto l’apice: alle 21,50 è finita la partita di Basket che davano prima del collegamento con Vancouver e, esattamente in quel momento, il collegamento via satellite di RAI Sport+ è stata oscurata. Oddio, esiste la vaga possibilità che sia colpa della mia parabola che ha perso il segnale, però il fatto che quello fosse l’unico canale “spento” (in realtà mi risultata oscurato anche RAI 2 in quel momento) e che il tutto fosse diventato nero con una precisione al secondo con l’inizio del collegamento mi rendono un po’ sospettoso.

Insomma, grazie al fantastico servizio offerto da mamma RAI inizio a sospettare che non riuscirò a vedere un bel niente di questi giochi olimpici. Poi uno si chiede perché la gente vuole smettere di pagare il canone… (non so se si nota ma sono incazzato come una biscia)

p.s.
Vedo che stasera alle 18,55 ci sarà un collegamento coi giochi su RAI Sport+. Speriamo che si siano rimessi sulla retta via ma inizio a crederci poco…

Aggiornamento 16/02/2010: È ufficiale: la RAI oscura le trasmissioni su satellite riguardanti le olimpiadi. In più i collegamenti che (miracolosamente) sono stati fatti su RAI 3 ieri sera erano di un livello così scarso da far venir voglia di prendere a calci il televisore. Tanto per cominciare va bene che la discesa libera è una disciplina piuttosto seguita ma passare quasi 20 minuti a ragionarne in studio ripetendo sempre ossessivamente le stesse cose mi sembra un esempio lampante di cattivo giornalismo scientifico (anche perché nello stesso momento ci sarebbero state altre gare da far vedere). Quando poi finalmente si son decisi a far vedere un po’ di snow board è partito uno stacco pubblicitario durato oltre 10 minuti al termine del quale è iniziato il collegamento con la 15 km maschile di sci di fondo. Per carità bella gara, però mi sfugge perché diamine uno dovrebbe continuare il collegamento fino all’arrivo del 96o atleta quando, dal 50o in poi era chiaro che era gente che non avrebbe mai e poi mai potuto entrare, non dico nel podio, ma nemmeno nei primi 30. L’apice però è stato toccato quando, alle 23 passate, si son decisi a collegarsi con la finale di snow board e dpoi hanno chiuso il collegamento dopo due semifinali. Cosa avevano di così importante da trasmettere da non potermi far vedere una finale olimpica? Tra le altre cose stasera la RAI proporrà solo 2 ore di collegamento con Vancouver in chiaro (su RAI 3 a partire dalle 23,30). Dire che sono arrabbiato è dire poco.

Aggiornamento 16/02/2010 bis: A furia di navigare sul sito della RAI ho trovato un form dove mandare le mie proteste. Allego qui la mail che gli ho inviato:

Salve,
Vi scrivo per esprimere una profonda insoddisfazione per come state gestendo la copertura dei giochi olimpici invernali di Vancouver. I canali “in chiaro”, visibili senza l’ausilio di digitale terrestre e/o parabola, non danno praticamente alcun tipo di servizio. Ieri sera RAI 3 ha chiuso il collegamento pochi minuti prima della finale di snow board (cosa c’era di più importante da mandare in onda di una finale olimpica?) e dopo un paio di ore scarse di trasmissione, spese in larga parte a far vedere l’arrivo degli ultimissimi nella 15 km di fondo. In più nessuno dei canali “canonici” (RAI 1, 2 e 3) propone un riassunto o una differita della giornata di gare per tutti quelli che non possono stare alzati fino a notte tarda.
RAI Sport, che dovrebbe essere il canale deputato a questo genere di cose, risulta poi oscurato su satellite limitando di fatto la fruizione del servizio ai soli possessori di digitale terrestre (ancora poco diffuso in grossa parte d’Italia). Vi prego di risparmiarvi giustificazioni del tipo “non possiamo trasmettere su satellite per motivi legati ai diritti televisivi” perché sia i mondiali di nuoto che quelli di atletica (che le olimpiadi estive di Pechino) sono state trasmesse in chiaro su satellite senza alcun problema. In più mi risulta che Sky trasmetta le olimpiadi su satellite (e quindi, in linea di principio, anche fuori dai confini italiani) senza troppi problemi. Se però l’unico modo di vedere le olimpiadi deve essere quello di utilizzare una piattaforma a pagamento allora direi che il servizio pubblico ha fallito miseramente.
Sono profondamente deluso e provvederò quanto prima a disdire il canone RAI secondo la normativa vigente.

Saluti

Aggiornamento 16/02/2010 tris: Magari tutti se lo aspettavano ed io ero l’unico ingenuo che sperava in un servizio pubblico funzionante. O magari tutti sono passati a Sky. Fatto sta che in rete non trovo quasi nulla sull’argomento (per le olimpiadi di Pechino invece di commenti sulle magagne della RAI ce ne erano a bizeffe). L’unica cosa seria che ho trovato è questo articolo vecchio di ben due anni

Aggiornamento 76/02/2010: La risposta della RAI è arrivata abbastanza in fretta ma è assolutamente tautologica (e quindi inutile):

La informiamo che alcuni eventi trasmessi via satellite sono criptati quando i diritti televisivi sono stati ceduti alla Rai soltanto per il territorio nazionale e non e’ stato possibile acquisirli per l’estero.

La Rai e’ pertanto obbligata a codificare tali trasmissioni per impedirne la diffusione nei paesi per i quali non dispone dei diritti televisivi.

Per gli utenti residenti in Italia, la visione di tali programmi e’ consentita via cavo e attraverso il segnale terrestre (DTT) che viaggia su bordo terra rimanendo nei confini italiani.

Grazie per averci contattato.
Cordiali saluti.

Cena 1.0 by

12 Feb
2010

Stasera, come da qualche anno a questa parte, noi ceneremo a lume di candela, lasciando spenti i pc (tutti e cinque!) e la tv, e ne approfitteremo per chiacchierare più del solito e (magari) giocare coi gatti.
M'illumino di meno 2010

M'illumino di meno 2010

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Ieri mattina ho avuto l’audizione per il FIRB. A questo punto credo che più della metà dei convocati abbiano già fatto la loro audizione ma magari all’altra metà un breve resoconto della giornata può far comodo per sapere cosa aspettarsi.

Intanto un paio di precisazioni: il mio settore è PE e la commissione si è insediata giusto ieri mattina. Se siete di un altro settore avrete una commissione diversa che potrebbe comportarsi in maniera MOLTO diversa (uomo avvisato…).

Comunque sia ero convocato alle 9 alla sala CIVR del MIUR. Trovare il MIUR non è così difficile (Google map aiuta) ma ho sentito di persone che si son fatte delle belle passeggiate a giro per il quartiere EUR prima di arrivare quindi fornitevi di mappa. Se dovete chiedere ai passanti fate pure a meno di chiedergli dov’è il ministero dell’università, piuttosto chiedete dov’è il ministero della salute che il MIUR è proprio dall’altro lato della strada. All’ingresso vi verrà chiesto un documento per ottenere il pass; ricordatevi che anche la commissione vi chiederà un documento quindi siate sicuri di averne dietro due (patente e carta di identità vanno benissimo)! La sala CIVR è ben indicata da cartelli appesi per l’occasione equindi non avrete difficoltà a trovarla.

Le convocazioni erano fatte a scaglioni. Alle nove eravamo in 4, altri 4 erano stati convocati per le 11, altri 4 per le 13 ecc (mezz’ora a testa più pausa pranzo) e si andava in ordine rigorosamente alfabetico. Guardando quindi la lista dei convocati potrete farvi un’idea abbastanza precisa di quando toccherà a voi.

L’audizione consiste in 10 minuti di presentazione in inglese (cercate di non sforare) e di 20 minuti di domande (in italiano). In realtà poi le domande occupano meno dei 20 minuti dichiarati e si concentrano sul progetto più che sulla sua organizzazione. Una bella sorpresa è stata quella di vedere che i commissari sembravano aver letto i progetti. A me uno dei commissari ha fatto domande piuttosto puntuali (senza entrare però nei dettagli tecnici) ed una ragazza ha detto che le hanno fatto domande su cose di cui lei non aveva parlato nella presentazione. Da quel che ho sentito invece la commissione per il settore SH dava l’impressione di non aver letto proprio niente.

La domanda che arrivava puntuale alla fine dell’audizione e che era uguale per tutti era di quanto pensavamo si potesse tagliare il progetto senza snaturalo e senza rinunciare agli obbiettivi fondamentali. Per rispondere io avevo iniziato a parlare di quali voci di spesa potessero essere tagliate e di quanto ma, alla fine, erano interessati solo ad una stima in percentuale. Quando gli ho detto che un taglio del 10% circa era sostenibile e che andare molto oltre il 20% avrebbe voluto dire rinunciare a pezzi del progetto mi sono sembrati soddisfatti. L’impressione è che 10% fosse un valore vicino a quello che avevano in testa loro. Ad onor del vero ho sentito anche gente che ha dato percentuali più alte teorizzando che se possono tagliare di più è più probabile che finanzino almeno quel poco. Decidete voi qual è la strategia che vi sembra migliore. Notate anche che, almeno durante la mia audizione, i commissari hanno preso appunti solo ed esclusivamente quando ho risposto alla domanda sui tagli.

Non ho notizie certe di quando ci saranno risultati. Ufficialmente le commissioni devono chiudere i lavori entro il 28 febbraio ma questo non vuole assolutamente dire che avremo qualche notizia entro quella data. Più probabile (secondo me) che si vada a fine marzo con i risultati e ben più in là con le rimodulazioni.

In bocca al lupo a tutti quelli che avranno le audizioni nei prossimi giorni!

Community, IMHO by

4 Feb
2010

Venerdì scorso sono stata allo IULM a parlare ai ragazzi del corso di Social Media Lab, invitata da David Orban.
David mi ha chiesto un intervento che raccontasse la mia esperienza nella gestione delle comunità online (parole sue!) e io ho detto subito di sì. Quando mi sono messa ad abbozzare le slide però, non sapevo bene da che parte approcciare il problema: io non sono un community manager!

Dopo un po’ di riflessione ho deciso di raccontare esattamente la mia esperienza e quindi:
* mi sono presentata raccontando velocemente chi sono, che faccio, che ho fatto in questi anni
* come ho conosciuto Wikipedia e com’era quando sono arrivata (non c’era la community..)
* com’è nata la community
* com’è strutturata
* un po’ di autoironia su quelle che sono le regole del community manager e come io le ho affrontate
* le esigenza della community e le mie regole per soddisfarla

L’unità di tutte le scienze è trovata nella geografia. Il significato della geografia è che essa presenta la terra come la sede duratura delle occupazioni dell’uomo. (John Dewey)

Alle elementari avevo un maestro che insegnava geografia e che tirava giù una carta geografica del mondo davanti alla lavagna. Avevo un compagno di classe al sesto anno che un giorno ha alzato la mano e ha indicato la costa orientale del Sudamerica; poi ha indicato la costa occidentale dell’Africa e ha chiesto: «Sono state mai unite?». E il maestro ha risposto: «Certo che no, è una cosa ridicola!». Lo studente cominciò a fare uso di droghe e sparì. L’insegnante è diventato consigliere scientifico dell’attuale amministrazione (ndr Bush). (dal film documentario statunitense del 2006 “Una scomoda verità“, diretto da Davis Guggenheim).

Nella mia geografia ancora sta scritto che tra Catanzaro e il mare si trovano i Giardini delle Esperidi. (George Robert Gissing, da Sulle rive dello Jonio).

L’arma del giornalista è la penna o la macchina da scrivere. L’arma del giornalista sotto vetro smerigliato è la bacchetta o la carta geografica. (Sergio Saviane).

Lungo la costa dell’Africa del Sud-Ovest, delimitato da montagne di origine vulcanica da una parte e dall’Atlantico dall’altra, si stende uno dei più antichi e selvaggi deserti della terra. I geografi chiamano questa zona la Costa degli Scheletri, perché le sue spiagge sono disseminate dei relitti delle navi che vi hanno fatto naufragi. (Ronald Schiller da “Nel mondo dei diamanti”).


Insieme a:

Devo ammettere che la storia di Paolo De Guidi mi ha affascinato come non capitava da un po’.

Ha deciso infatti di percorrere (a piedi) la distanza tra Terni e Cambridge – qualcosa intorno ai 2.200 chilometri.
Ripeto, a piedi.

Ok, non è certamente paragonabile alla storia di Alexander Supertramp, però diciamocelo, lasciare un lavoro per intraprendere una sgambettata tutt’altro che raminga dal centro Italia fino in Inghilterra – per raggiungere la fidanzata che lavora a Cambridge – nell’era delle superofferte Ryanair è qualcosa di quantomeno insolito.

Duemiladuecento chilometri reali, non con la Wii Fit.

E ammetto anche che un po’ lo invidio. Io non lo farei mai, però mi coccola l’idea di sapere che c’è gente che ancora è capace di stupire e stupirmi.

Paolo nella sua avventura incontrerà centinaia di persone che lo ospiteranno nel tragitto di poco meno di 100 tappe, cento giorni in cui attraverserà l’Italia, la Svizzera e la Francia per approdare in Gran Bretagna (in nave, mica a nuoto).

Questo vagare è qualcosa di concreto, reale: lui ora si trova in Svizzera, per dire – esattamente a metà percorso. A volte ha qualche dolore alle gambe, altre volte si ritrova a camminare a -9 gradi. A volte si beve un bel bicchiere di vino in compagnia di perfetti sconosciuti che gli apriranno la porta di casa per una doccia e per riposarsi.

Eppure tutto il suo viaggio ̬ incredibilmente impermeato di web: ha pianificato il tragitto con Google Maps, ha trovato sponsor tecnici grazie alla rete, tiene un blog su WordPress, aggiorna il suo status di Twitter, pubblica foto su Flickr e video su YouTube, si accomoda su divani trovati grazie a CouchSurfing: ha messo in moto un meccanismo molto virtuale per risolvere semplici e complessi problemi reali Рe permette di seguire il suo tragitto ad appassionati e curiosi attraverso la rete stessa.

A volte queste storie servono a me (e spero a molti altri) per riallacciare un rapporto concreto con la rete: dove persino i pizzicotti sono virtuali e dove un server perduto nelle campagne statunitensi si permette di avvisarci che dovremmo “essere anche amici di“, l’avventura di Paolo mi ha ricordato di quanto è possibile fare e organizzare concretamente grazie al Web.

iPad by

1 Feb
2010

Tra le tante liste che leggo c’è anche quella di LiberLiber: mi piace essere informata su un progetto che stimo molto (e di cui ho rischiato di essere un utente attivo, non fosse che mi sono poi innamorata di Wikipedia!) e seguire i dibattiti interessanti che ogni tanto vi si tengono.
Il 28 gennaio Marco Calvo, presidente dell’associazione LiberLiber, ha scritto una disamina sull’iPad che mi è piaciuta e che, con la sua autorizzazione, ripropongo qui.

Come forse avrete letto, la Apple ieri ha annunciato un nuovo dispositivo, deputato anche alla lettura degli e-book; l’iPad.

Alcuni commentatori hanno sollevato delle perplessità sullo schermo (non a tecnologia e-ink ma LCD, sia pure nella incarnazione più evoluta, con retroilluminazione led che migliora il contrasto) e sul modello di business, costruito intorno a iTunes.

Effettivamente la “chiusura” di alcuni dispositivi (come l’iPhone, ma anche i sistemi operativi come Windows) è contro i consumatori, contro la libera concorrenza, ecc. Ed è un deficit di competenza e di intelligenza della politica non intervenire.

Pensateci: i luoghi fisici (bar, ristoranti, abitazioni private, ecc.) sono ampiamente normati a tutela delle persone, fin nei minimi dettagli (ad esempio per legge i tubi del gas interrati nel pavimento delle cucine devono categoricamente passare a tot centimetri dal muro… l’ho scoperto quando ho ristrutturato casa 🙂 ).
Mentre i luoghi virtuali sono un far west. Non libero e selvaggio come quello dei film, ma al contrario chiuso e protezionistico, come piace alle multinazionali. Luoghi dove la concorrenza deve entrare meno possibile; si veda ad esempio a quanto è lento, instabile e vulnerabile ai virus Windows, e a come sia resa faticosa
l’affermazione delle alternative.

Detto questo, sono un utente (soddisfatto) di iPhone. Le conseguenze negative, concrete e tangibili, della sua chiusura sono ridotte (lo confesso: ciò che mi dà veramente fastidio è l’idea che la piattaforma sia chiusa, poi di fatto veri inconvenienti non li ho mai subiti; non nell’iPhone).

Ciò detto, speriamo che prima o poi la nostra classe dirigente si accorga che milioni di cittadini ormai vivono, lavorano, comprano e vendono in questi luoghi virtuali e che sono urgenti delle norme a nostra tutela (e non contro di noi, come avvenuto fino adesso, vedere l’ultima tassa voluta dal ministro Bondi).

Tornando all’iPad. Se è come l’iPod e l’iPhone, non è vero che non possono essere caricati altri contenuti oltre a quelli iTunes. Su iPod/iPhone si possono tranquillamente trasferire mp3, PDF, e-book, ecc. anche fatti in casa o frutto di digitalizzazione. E anche senza sproteggere il sistema; è previsto e permesso.
Semmai è stato vero il contrario: i file iTunes fino a qualche mese fa non si potevano fruire fuori dalle applicazioni previste, ma per fortuna le major discografiche hanno finalmente rinunciato agli odiosi (e inutili) DRM, per cui ora (da qualche mese) la musica di iTunes è libera.
Gli editori cartacei sono più inesperti e arretrati, e ancora inseguono questa fesseria dei DRM, ma anche per loro sarà questione di tempo.

Quanto allo schermo di iPad, non è certamente riposante quanto uno schermo e-ink. Ma se avrà successo, il nuovo giocattolo Apple, con il suo schermo a colori e molto nitido (grazie ai led), con il suo store online veramente facile e a portata di click (3 miliardi di download da iTunes in meno di due anni, e con un numero di iPhone e iPod venduti tutto sommato ridotto raffrontato ai download) avrà il merito di abituare i consumatori a nuovi modi di fruire della cultura.

Ricordiamolo: queste nuove modalità di fruizione sono una opportunità per le piccole etichette discografiche, e i piccoli editori. Per la controinformazione e per chiunque non abbia la massa critica per dominare il mercato attuale e le sue mastodontiche infrastrutture.

Se avrà successo, l’iPad potrà abbattere qualche sciocco pregiudizio (al prossimo che mi parla del profumo della carta do un calcio sugli stinchi) e alla fine aiutare anche gli e-book con tecnologia e-ink. E poi, metto la mano sul fuoco che la Apple farà un suo dispositivo e-ink non appena la tecnologia sarà matura; e non si può negare alla Apple di saper rendere le cose… non vorrei dire “facili” perché non è questo; le rende “intuitive”, che secondo me è meglio.

Semmai, mi stupisce la mancanza di una webcam. L’iPad è un netbook rivisitato; con Skype built-in e la tecnologia Apple a prova di nonno, poteva davvero portare le video-chiamate a tutti (quando ho aiutato
mia madre a video-chiamare mia zia che vive da decenni negli USA, ha pianto per la felicità; ma di là dell’oceano c’era mio cugino a trafficare con Windows. Mia madre e mia zia da sole non avrebbero saputo video-chiamarsi; con l’iPad probabilmente sì).

Vedremo (è il caso proprio di dirlo… 🙂 ).

Marco Calvo

P.S. Se qualcuno si chiede che c’entrano la musica, i video, le chiamate, ecc. con gli e-book: secondo me c’entrano. Se le “lavagnette” non faranno (bene) tutte queste cose (e qualche altra) rimarranno una nicchia di mercato troppo piccola per essere significativa.

PD, Pubblico Dominio by

29 Gen
2010

Deformazione professionale: se leggo PD a me viene subito in mente Pubblico Dominio, non Padova né Partito Democratico o altro.

COMMUNIA, progetto del Centro NEXA, ha lanciato in questi giorno il Manifesto del Pubblico Dominio per ricordarci, in un mondo che sa solo allungare la durata del diritto d’autore, qual è la fondamentale importanza del PD.
Con un’opera di pubblico dominio posso fare di tutto: scaduti infatti i termini dello sfruttamento economico (che in Italia, al momento, terminano dopo 70 anni dalla morte dell’autore) l’opera può essere liberamente tradotta, adattata, illustrata.. posso scriverne una versione critica, annotata, ecc. senza preoccuparmi di altro che dei diritti morali dell’autore.

Google Books a parte, attendere 70 anni dalla morte dell’autore significa o sperare che sia un autore (e un editore!) illuminato che rilascia opere in licenza libera o attendere un periodo di tempo lunghissimo prima che l’opera possa liberamente circolare.

Io ho firmato il manifesto e Wikimedia Italia ASAP comparirà tra le organizzazioni che lo supportano, come già succede per altri chapter e vi invito a riflettere (e possibilmente a firmarlo!) sul messaggio.

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