La Encyclopedia of Life è stata ufficialmente lanciata; il comunicato stampa parla di oltre un milione di pagine sulle specie.
Al momento non è possibile controllare nulla perché il sito è crashato sotto la curiosità dei navigatori: attualmente risponde un 503 (Service Temporarily Unavailable).
Pare tocchi consolarsi consultando la concorrenza.

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Tlc op by

27 Feb
2008

Nell’ultimo anno Wikimedia Italia si è trovata a discutere di possibili partnership/accordi commerciali con tre diversi operatori.

Tre ha usato il logo di Wikipedia all’interno della campagna “vietato ai maggiori”. Non ho partecipato alle trattative, ma la somma pattuita per le royalty, iva compresa, era di 4 cifre. Dopo almeno un paio di invii della fattura, infinite mail e telefonate, siamo riusciti a farci pagare solo facendogli scrivere dall’avvocato.

Tim mi ha invitato nella loro sede romana per una lunga e noiosissima riunione. Non sapevano bene cos’è Wikipedia, non si sono preoccupati né di informarsi né di lasciarmelo esattamente spiegare e mi hanno tenuta per ore ad ascoltare il loro brainstorming a voce alta su come (tecnicamente) far postare alla gente contenuti su ‘pedia via MMS. Convinti, tra l’altro di farci un favore. Quando ho fatto presente che la versione WAP non la gestiamo noi e non ce ne curiamo particolarmente, hanno più o meno sbottato “allora cosa ne discutiamo a fare..”.

L’incontro con Vodafone (due giorni fa) è stato interessante: pur non conoscendo bene il modello ‘pedia hanno fatto tutte le domande giuste. La riunione si è conclusa in poco più di un’ora e ritengo sia stata soddisfacente per entrambi.

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Riassunto delle puntate precedenti: nasce il genere dei defence games

Il fenomeno dei defence games esplode intorno al 2003, ed in un paio d’anni nascono diverse decine di giochi con questa filosofia.
Anche qui si ripete il percorso tipico: molti cloni banali, alcune interessanti evoluzioni.

Va però sottolineato, per concludere il discorso, un punto in particolare.

I defence games non nascono da un blockbuster di successo, da un apripista e capostipite.
I primi giochi del filone sono in Flash, realizzati da appassionati e pubblicati nelle community. I primi giochi commerciali arrivano indicativamente due anni dopo, ma sempre ben lontani dal mercato mainstream.

Fare un gioco di difesa è facile: bastano alcune routine per generare i nemici (ma se ne può fare anche a meno agendo direttamente sull’animazione dei blocchi), una semplice funzione ActionScript per gestire i colpi delle torri difensive, alcuni oggetti grafici anche abbozzati. Tutto il resto è optional.

Possiamo dire che i “defence games” sono il primo genere di videogioco 2.0?

Alcuni link:
Una raccolta di defence games, su Newgrounds
Towerdefence.net, una raccolta di giochi del genere con alcune rarità

(riassunto delle puntate precedenti: dopo anni di cloni di Doom ipertrofici, qualcosa di nuovo)

Intorno al 2002-2003, ecco una piccola novità. Non è facile dire chi sia stato il primo a crearla: nel giro di pochi mesi, già esistono diversi giochi del genere.

Il concetto è semplice. Duro e puro, potremmo dire: arrivano i nemici, impiega risorse per costruire difese in grado di resistere il più a lungo possibile. La scelta del tipo e della posizione e dei miglioramenti delle difese influirà sull’effettiva capacità di contrastare un attacco. Tutto qua.
Uno dei primi giochi ad avere tutte caratteristiche di questo genere potrebbe essere Defend the Castle.

Con poca originalità (come è giusto che sia) il filone si guadagna il nome di defence game.

Se vogliamo, l’ispirazione è quella dello strategico in tempo reale, ma anche un po’ a turni: tra un attacco e l’altro c’è tutto il tempo per pensare e prendere decisioni. Si elimina ogni contaminazione manageriale. Si perde anche la tipica struttura a livelli separati: ora le decisioni prese all’inizio ricadono su tutta la partita.
I nemici non hanno intelligenza, sono prevedibili. Ma sono tanti, e sempre più forti.

Ogni gioco del genere ha qualche peculiarità, ma praticamente tutti si riconducono alla procedura standard: costruire – resistere – potenziare. Che sarà pure banale, ma è un concetto forte come quello dei classici dei Golden Eighties.

Per intanto provate anche Bloons, una delle incarnazioni più pure del defence game.

continua

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Riassunto della puntata precedente: più o meno dal 1990, i videogiochi si somigliano tutti

Dicevamo: da quando il videogioco è diventato prodotto di massa i generi si sono cristallizzati, salvo sporadiche eccezioni, riconducibili quasi dei concept game. Prendiamo uno strategico a caso, anche di ultima generazione. Spogliamolo di effetti 3D, nomi esotici, routine di fisica avanzata. Ecco a voi Dune2, uno dei capostipiti del genere: raccogli risorse, costruisci difese e truppe, attacca.

Lo stesso vale per sparatutto in prima o terza persona, manageriali, simulazioni sportive, persino per il semiestinto genere delle avventure grafiche.

Non voglio dire che si stava meglio quando si stava peggio, ovviamente. Il progresso tecnico e l’evoluzione ha portato a capolavori all’interno dei generi già consolidati, è indubbio.

In vent’anni ci sono stati anche alcuni prodotti fuori dal mainstream, spesso ibridi tra generi classici, a volte vere e proprie innovazioni (uno su tutti, Black & White) che però essendo rivolti ad un pubblico di nicchia, hanno in genere avuto poco seguito.

Ecco che all’improvviso – però – arriva un nuovo genere. Questa volta di successo.

(continua)

Interviste & co by

22 Feb
2008

Jimbo intervistato per Rediff: Meet the founder of Wikipedia
Maometto/1: la Britannica ha una immagine di Maometto, perché nessuno si sconvolge?
Maometto/2: su Global Voices Wikipedia and the Prophet Muhammad
Psyc: da SL Weekly Wikipediots: Who are these devoted, even obsessive contributors to Wikipedia?
‘pedia, Veropedia, Citizendium: da Linux Insider Would-Be Wikipedia Replacements Stumble
Wikipedia secondo alcuni studenti

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In principio era l’epoca degli arcade: i videogiochi erano semplici, puramente concettuali.
Parliamo dalla pionieristica epoca “universitaria”, quella dei vari OXO, Spacewar! e Tennis for Two: allora un triangolo era un’astronave, un’oscilloscopio era una partita di tennis e un computer poteva battere un cervellone -perlomeno a tris- molto prima di Deep Blue.

Poi gli anni settanta e ottanta, e fu il momento dei vari Pong, Pac Man, Tetris: i Classici.
Insieme a loro, le sale giochi si popolarono di una pletora di videogiochi di scarso successo prontamente dimenticati: quasi tutti cloni di pochi programmi di successo, che però non avevano la “purezza” del loro progenitore.

Con la migrazione su personal computer, che consentiva tempi di gioco più calmi e ponderati, nacquero un altro paio di generi, principalmente di carattere strategico: a turni o in tempo reale, manageriale o puramente bellico. E l’avventura, testuale e grafica.
Cambiava l’approccio al gioco, dalla velocità alla tattica.

Poi basta.

(continua)

Il Corriere ha pubblicato delle foto prese da Wikimedia Commons, senza rispettarne le licenze.
Nemmeno un mese a fronte del polverone sollevato dalla blogosfera per la “vicenda Paul the Wine Guy”, Marco Pratellesi ha scritto questo post di scuse e una scettica ha commentato: “Ma questo vuol dire che il Corriere imparerà ad attribuire correttamente ogni volta che prende un testo da Wikipedia? Non ci credo..“.
Ho lasciato un commento a un post di Pratellesi, chiedendogli un commento su quella segnalazione al bar di ‘pedia. Chissà se si scomoda a pubblicare il commento e a rispondermi.
Quello che non mi piace è che tutti sono pronti a puntare il dito contro ‘pedia e a pronunciare la fatidica domanda “Chi è che controlla?” e stiamo parlando di un sito che sta in piedi per hobby di qualche milione di persone. Di fronte a una redazione di giornalisti professionisti, pagati, che hanno un capo, stavolta me lo chiedo io “Chi è che controlla?” e soprattutto “Perché a giorni alterni il Corriere si può permettere di prendere testi e immagini impunemente?”

(..come diceva Pistarino una vita fa “Vedo davanti a me come una grande parete bianca..”..)

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Martedì prossimo 26 Febbraio 2008, alle ore 17.30 presso la sede di SIAM 1838 (via S. Marta 18, Milano), AICA Milano organizza un nuovo incontro (della serie “Competenze Professionali per l’Innovazione Digitale”): “Iniziative e Prospettive per l’ Open Source nelle Aziende e nella Pubblica Amministrazione”.

Abstract
L’impiego del software Open Source si sta diffondendo per diverse ragioni. Da una parte, alcuni vendor hanno reso ‘Open Source’ il loro software per allargare il proprio mercato, dall’altra il successo di alcuni prodotti ha mostratoche, in termini di installazioni, possono competere con quelli proprietari. Ciò ha indotto diverse aziende della ‘domanda’ ad adottarlo per alcune funzioni. AICA è sempre stata tra i promotori in Italia della cultura dell’Open Source e delle metodologie emergenti per lo sviluppo software, e constata consoddisfazione che specialmente le nuove leve di specialisti ICT hanno oramai acquisito dimestichezza con questo nuovo modo di ‘fare software’ e con i prodotti che le varie community continuamente migliorano. Con il presente workshop si vogliono discutere le possibilità che oggi il software Open Source e le nuove metodologie di sviluppo possono offrire alle imprese e agli enti della PA, le competenze necessarie per poterlo impiegare nei sistemi informativi aziendali e, in particolare indagare quali sono i nuovi paradigmi con cui affrontare il problema dell’assistenza sui prodotti.

Agenda
inizio lavori ore 17.30
Introduce e coordina: Rosario Sica – Direttivo AICA Milano
Relazioni di:
Luca Gioppo, CSI Piemonte su “Applicazioni Open Source nella PA”
Giovanni Pirola – Managing Director Italy Sourcesense “Making Sense of Open Source”
Federico Gobbo e Luigi Lavazza, DICOM-Università dell’Insubria, su “Il modellocollaborativo dell’OS per lo sviluppo software” e “La qualità del software OS”
Roberto Bellini, Giovanni Franza, AICA Milano, su “I Profili EUCIP con competenze Open Source”.

La partecipazione è libera previa iscrizione online.

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Proselitismo by

19 Feb
2008

Un paio di mesi fa Wikimedia Italia ha conferito l’ambito titolo di socio onorario (il primo e unico e un po’ doveroso fino a quel momento era stato Jimbo Wales) al Parco nazionale tecnologico e archeologico delle colline metallifere grossetane.
Mi fa piacere leggere oggi che il Parco ha preso molto sul serio il suo ruolo e ha a cuore la nostra missione:
Tra l’altro, il Parco – mantenendo fede al suo ruolo di “Socio Onorario” di Wikimedia Italia, la Fondazione che nel nostro Paese rappresenta Wikipedia – ha creato all’interno del proprio sito www.parcocollinemetallifere.it un’apposita sezione da cui poter consultare e scaricare gratuitamente – previa citazione della fonte – l’ingente materiale iconografico, proseguendo così nel solco della sua filosofia per la “libera circolazione del sapere”.

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