Premessa: io adoro Report. Probabilmente è il miglior programma televisivo attualmente in onda.
(Fine della premessa)

Qual è la primissima regola quando si fa giornalismo scientifico? Cercare di spiegare ai lettori/ascoltatori in maniera comprensibile quale sia l’argomento in modo che chi ci legge/ascolta alla fine ne sappia un pochino di più di quello che ne sapeva all’inizio.

Qual è la primissima regola quando si fa giornalismo d’inchiesta? Portare i fatti in modo chiaro, semplice ed oggettivo in modo che chi ci legge/ascolta possa farsi un’idea chiara della questione.

Ora, domenica 11 maggio 2008 è andato in onda su Report un breve documentario dal titolo “Wi-Fi: Segnale d’allarme” (realizzato da Paul Kenyon per la BBC) sui rischi legati all’esposizione prolungata alle onde elettromagnetiche.

Fin qui nulla di male. L’argomento è molto interessante e decisamente di attualità. Tuttavia il documentario non spiegava minimamente agli spettatori i termini del problema e non riportava i fatti ma solo una lunga serie di gridi d’allarme (che faranno anche audience ma non venivano minimamente giustificati).

Giacché il signor Paul Kanyon non ha fatto il suo lavoro di giornalista toccherà a me (che giornalista non sono)  cercare di farlo per lui.

Per iniziare cerchiamo di visualizzare un concetto fondamentale: quello di risonanza. Quando spingete l’altalena non potete dare colpi a casaccio, vanno dati con la cadenza giusta, assecondando il movimento naturale. Se fatto bene (e qualunque bambino sa per istinto qual è il momento migliore per darsi la spinta) anche delle spintarelle leggere leggere aumenteranno piano piano l’ampiezza delle oscillazioni dell’altalena. Ecco, la frequenza con cui dovete dare le spinte è la frequenza di risonanza dell’altalena. Se date le spinte con una frequenza diversa farete una fatica del diavolo e l’altalena si rifiuterà cocciutamente di prendere l’abbrivio (provare per credere). Facile no?

E questo che c’entra con l’inquinamento elettromagnetico? C’entra eccome. Infatti questo è esattamente lo stesso meccanismo per cui i nostri tessuti assorbono le radiazioni elettromagnetiche e quindi lo stesso meccanismo che produce o meno danni all’organismo. Prendiamo un altro esempio quotidiano: il forno a microonde. All’interno del forno vengono sparate (il come ci porterebbe fuori strada, se qualcuno è curioso glielo spiego) delle onde elettromagnetiche, le famigerate microonde, che hanno la stessa frequenza della risonanza delle molecole d’acqua. Queste onde danno quindi “una spintina” agli atomi che compongono l’acqua che si mettono in vibrazione; siccome la frequenza di queste “spintine” è proprio quella di risonanza l’ampiezza delle oscillazioni aumenta (ricordate l’altalena?) e l’acqua si riscalda. L’acqua calda poi trasmette il proprio calore a quello che c’è intorno ed il cibo cuoce. Al contrario se si mette nel forno a microonde un materiale che non contiene acqua questo NON si riscalda minimamente. Banalmente la radiazione elettromagnetica è “fuori risonanza” per quel materiale e le oscillazione delle sue molecole non aumentano mai di ampiezza.

Ecco, con i cellulari, il wi-fi ecc succede esattamente la stessa cosa. Questi dispositivi emettono radiazioni elettromagnetiche di intensità molto bassa. Troppo bassa per produrre alcun tipo di danno. La fregatura è che anche un’intensità molto bassa può aumentare molto l’ampiezza delle oscillazioni di una molecola (e quindi scaldarla o, al limite, romperla) se abbiamo la sfortuna di essere proprio sulla frequenza di risonanza. In linea di principio quindi basterebbe vedere a che frequenze emettono questi dispositivi e verificare che nessuna molecola del nostro corpo abbia proprio queste frequenze di risonanza. Purtroppo il numero di molecole presenti nel nostro organismo è spavetosamente alta e ciascuna di esse può tranquillamente avere centinaia o migliaia di risonanze; controllarle tutte risulta quindi impraticabile.

L’approccio seguito dagli studiosi è quindi quello di fare studi clinici su grosse quantità di persone cercando di capire, con metodi di induzione statistica, se essere sottoposti all’inquinamento elettromagnetico aumenti o meno i rischi di contrarre malattie o sindromi. Questi studi sono anche ostacolati dal fatto che le zone ad alta densità di smog elettromagnetico (ad esempio il centro di Milano) sono anche zone ad alta densità di smog chimico e quindi non è facilissimo capire se la persona tal dei tali si è ammalata per l’uno, per l’altro o per una combinazione dei due.

Questo spiega perché ci sia un gran numero di studi che non ha trovato effetti negativi per l’esposizione a cellulari e wi-fi mentre altrettanti ne hanno trovati. Questo spiega anche perché i limiti di legge si basano su stime termiche (ovvero su quanto i tessuti si scaldano quando sono sottoposti alle radiazioni elettromagnetiche) senza dover tirare in ballo teorie complottistiche di basso rango.

Per concludere rispondo io ad alcune delle domande che Paul Kenyon poneva in maniera retorica:

  •  Usare reti cablate al posto di quelle wireless tutte le volte che è possibile è vantaggioso perché le prime hanno performance più elevate, costano meno, richiedono meno manutenzione e non vanno cambiate tutte le volte che esce uno standard nuovo.
  •  Io non lascerei un bambino tutto il giorno davanti ad un computer collegato tramite wireless. Francamente non lascerei un bambino tutto il giorno davanti al computer anche se non avesse nessun tipo di connessione, nemmeno cablata. Perché mai un bambino dovrebbe stare tutto il giorno davanti al computer?
  •  Il principio di precauzione è sacrosanto ma va usato con un minimo di buonsenso e senza fare allarmismi inutili (anche se, indubbiamente, questi fanno alzare l’audience e permettono di trovare facilmente dei sostenitori).

Biopirateria by

9 Mag
2008

Immaginiamo che gli abitanti del villaggio xxx coltivino da secoli la pianta yyy e la utilizzino sistematicamente per curare certi tipi di malattia. La multinazionale zzz lo viene a sapere, si incuriosisce e inizia a studiare quella pianta alla ricerca di principi attivi. Dopo un po’ di lavoro scopre che la molecola kkk è un potente anti-qualcosa utile per curare la malattia www.  A questo punto brevetta il processo di estrazione della molecola kkk e mette in commercio una medicina basata su di essa, facendoci un sacco di soldi.

Tutto normale? Oddio, fino ad un certo punto. Gli abitanti del villaggio xxx magari di biochimica non ci capiscono una virgola ma la paternità della conoscenza che la pianta yyy fa bene alla salute sarebbe loro. Invece, non solo questa paternità non viene riconosciuta economicamente, ma rischiano di non poterla più utilizzare perché violerebbero il brevetto (le probabilità che gli abitanti del villaggio xxx possano pagarsi degli avvocati in grado di contrastare una multinazionale la possiamo considerare nulla a tutti gli effetti pratici).

Questo si chiama biopirateria e non è una storiella inventata. Capita, è capitato e capiterà. Almeno finché le leggi sui brevetti e sulla proprietà intellettuale rimarranno assurde come sono ora.

Tuttavia qualcosa si muove. Nella liberalissima America? No. Nella vecchia e saggia Europa? Nemmeno. Chi si muove sono i cinesi dello Guizhou, i quali, da un po’ di tempo, hanno deciso di utilizzare l’arma del brevetto e della proprietà intellettuale a favore degli abitanti delle loro arretrate campagne. In pratica stanno mettendo insieme una serie di leggi che renderebbe automaticamente delle popolazioni la proprietà intellettuale di tutte le loro conoscenze tradizionali, inclusa quella sulle piante da loro utilizzate e coltivate.

Ovviamente il discorso è più complicato di così (e, guarda caso, i politicanti cinesi lo sanno benissimo). Infatti è difficile raggiungere un buon equilibrio fra il non proteggere abbastanza ed il proteggere troppo. Tuttavia l’idea mi pare decisamente un passo nella giusta direzione.

via Science

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Ego feeder by

7 Mag
2008

Preso dalla curiosità (e dalla necessità di nutrire il mio ego di tanto in tanto) mi sono calcolato il Google Quotient. Il risultato è stato un brillante 9 su 10 che ha ampiamente soddisfatto il mio senso di autostima 🙂

In effetti è piacevole vedere come oltre l’85% dei risultati che si ottengono inserendo il mio nome e cognome siano riferiti a me. Facendo questo giochino mi sono anche reso conto di quante pagine internet ci siano che tengono in memoria la mailing list di wikipedia…

Modernariato by

7 Mag
2008

Una streak camera è uno strumento costoso. Un modello senza troppi fronzoli può tranquillamente costare oltre 120.000 euro. Tuttavia, come molti strumenti scientifici, ha la capacità di durare a lungo senza diventare obsoleta.

Capita così che in laboratorio ci capiti di ereditare una streak camera vecchia di quasi 20 anni ma ancora in ottime condizioni (è ancora perfettamente capace di misure con una risoluzione di pochi picosecondi). Tutto funziona alla perfezione e ci siamo risparmiati oltre centomila euro (che non avevamo).

Ma c’è un ma. L’acquisizione dei dati viene fatta tramite computer e, dato che lo strumento ha quasi 20 anni, il pc necessario per utilizzarlo deve avere anche lui quasi 20 anni. Avete un’idea di quanto sia difficile al giorno d’ggi trovare un pc dotato di uno slot ISA e di un lettore floppy da 5,25 pollici? Persino i computer disponibili su trashflow sono troppo nuovi!

n.b. Alla fine ne abbiamo trovato uno in un sottoscala dell’amministrazione comunale di Scandicci.

Qualche mese fa i giornali italiani avevano tuonato “contro” il Vaticano e la CIA che osavano toccare le loro voci o fare vandalismi su Wikipedia e ora tocca all’edizione in inglese lanciare il nuovo scandalo: uno dei vandali che imperversa su en.wiki ha l’ip del dipartimento di giustizia. Verrebbe da rispondere “embè?”.

Rassegna stampa:
US Dept. of Justice IP address blocked after ‘vandalism’ edits to Wikipedia, su Wikinews
Department of Justice banned from Wikipedia , su PcPro (riporta i commenti di David Gerard)
How and Why to Edit Wikipedia, sul sito della Camera

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Fondi per la ricerca by

28 Apr
2008

Alitalia è un carrozzone che perde milioni di euro al giorno. La trattativa con Air France è fallita e non si vede alcuna luce alla fine del tunnel. Tuttavia, per evitare il fallimento, lo stato ha deciso di fargli un “prestito ponte” da 300 milioni di euro (il tutto in barba alle leggi della libera concorrenza stabilite dalla comunità europea).

La cosa divertente è che quei 300 milioni di euro verranno tolti ai fondi per la ricerca.

Non so davvero se ridere o piangere.

Sistemista Mac by

23 Apr
2008

Cerco.
Se sa qualcosa di Win non fa male.. sede: Milano, zona Porta Garibaldi.
CV gradito 😉

Previsioni inutili /2 by

22 Apr
2008

Air France aveva un progetto industriale per il recupero di Alitalia. Forse non era il migliore dei progetti possibili (non lo so, non sono un tecnico e nemmeno un economista). Sicuramente sarebbe costato lacrime, sangue ed una valanga di esuberi. Però era un progetto industriale, l’unico che ci fosse.

Adesso Air France ha deciso di essersi rotta gli zebedei e che comprare quel carrozzone che ci ostiniamo a chiamare compagnia di bandiera potrebbe non essere un granché come affare.

Se Alitalia viene commissariata il fallimento è questione di minuti (ed allora altro che un po’ di esuberi, chiude proprio i battenti) e quindi nessuno permetterà che questo avvenga. Piuttosto il dimissionario governo Prodi foraggerà ancora una volta la baracca con soldi pubblici e lascerà che a vendere sia il governo Berlusconi. Questi, invece di vendere a qualcuno che presenti un progetto industriale serio (ricordo ancora che l’unico era quello di Air France) venderà a qualcuno che lancerà sul tavolo promesse mirabolanti e platealmente impossibili da mantenere. Così i sindacati saranno contenti (“vedete che abbiamo fatto bene a combattere contro quel cattivone di Spinetta…“), il governo farà una bella figura a breve termine e qualcuno (chi ha detto Putin alzi una mano!) avrà acquistato per due lire tutte le tratte e gli slot Alitalia. Questo qualcuno poi lascerà che Alitalia collassi sotto il peso dei propri debiti accusando una qualche congiuntura internazionale, manderà a casa una quantità enorme di lavoratori e non manterrà nemmeno una delle promesse fatte. Tanto cosa avrà da rischiare? Se qualcuno apre bocca ci chiude i rubinetti del gas…

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Previsioni inutili by

18 Apr
2008

Dato che il web è pieno di discussioni più o meno serie sulle ultime elezioni o sul prossimo governo do anch’io il mio modesto contributo ad aumentare l’entropia della rete.

Partiamo da un paio di fatti:

  1. Berlusconi ha molto bisogno della Lega per governare.
  2. Il PdL è formato da Forza Italia e da Alleanza Nazionale. Prima di far confluire nel PdL il suo partito Fini deve aspettare l’autunno peché si riuniscano gli iscritti e votino (Forza Italia fa quello che dice Berlusconi senza tante votazioni). Da qui all’autunno c’è un sacco di tempo.

Prendiamo come ipotesi che in questi mesi Berlusconi debba cedere molto alla Lega. Poltrone di ministri, presidenza di commissioni, priorità di alcuni temi piuttosto che altri nell’azione di governo. Prendiamo (sempre come ipotesi) che il numero di poltrone da assegnare sia un numero finito e che darne tante alla Lega voglia dire darne poche ad Alleanza nazionale. Infine ipotizziamo che da qui all’autunno ad un po’ di gente dentro AN possano iniziare a venire dei mal di pancia a vedere la Lega che spadroneggia.

All’interno di queste ipotesi mi pare possibile che, arrivati al congresso, ci sia una fetta significativa di AN che di sciogliere il partito, rinunciare alla fiamma tricolore e confluire sotto l’ala protettrice di Berlusconi, non avrà così tanta voglia. Si prospetta quindi la possibilità di una frattura fra chi decide di restare in Alleanza Nazionale e chi decide di entrare nel PdL, ovvero si prospetta la possibilità di un certo numero di senatori che escono dal PdL stesso riducendo così la sua maggioranza al senato oltre la soglia di pericolo.

Sono curioso di vedere come si muoveranno le diplomazie dei vari partiti nelle prossime settimane per evitare questo scenario.

Piccole perle /2 by

16 Apr
2008

A mia memoria l’ultima cosa decente realizzata dalla Disney è stato Aladdin. Tutto ciò di bello che è venuto dopo è farina del sacco Pixar (che, difatti, la Disney si è affrettata ad acquistare).

Potete quindi immaginare la mia sorpresa quando ho scoperto che un gioiellino come Dave il barbaro sia un prodotto genuino della casa del topo. Il cartone è, di per sè, semplice: pochi personaggi (tutti fortemente caratterizzati), disegno vagamente surreale, cattivi più stupidi che realmente malvagi (fra i quali spicca il geniale “Chuckles lo sciocco porcellino“) e storie brevi ma mai banali.

Ovviamente, finita la pima serie, si sono ben guardati da farne una seconda (stiamo parlando della Disney alla fine) e non è nemmeno facile trovarne puntate on-line, in DVD o altro. In Italia è andata in onda la domenica mattina su rai 2 l’anno scorso ma non mi risulta ci siano progetti di farlo ricomparire (mentre i cartoni Warner-Bros di 50 anni fa vengono riproposti con cadenza allarmante in primissima serata).

Insomma: se ve lo siete perso mi dispiace per voi. Ne valeva la pena.

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