Due giorni by

7 Apr
2009

Impressioni di aprile [ieri]

Allora, c’è stato il terremoto in Abruzzo alle 3.22, in piena notte. Durato pochi secondi, ma tali da radere al suolo un casino di case. E vite umane. E storie di persone. Tutto (o quasi) passa in secondo piano. Avrei preferito scrivere d’altro, oggi.

È stato avvertito in buona parte dello Stivale. Oggi c’è chi dice “io ve l’avevo detto, gné gné gné”. Ammetto che nemmeno io gli avevo creduto appieno, perché – come ha sostenuto Giuliani stesso – la sua era una ricerca personale, da prendere con i benefici d’inventario. Effettivamente, l’aveva previsto (causando il panico) la settimana scorsa. Credeva veramente che stanotte accadesse?

Di sicuro è stata chiusa ogni attività (scuole e ospedali compresi, vista l’inagibilità), centinaia saranno i senzatetto, diversi i comuni distrutti. Una delle più gravi sciagure degli ultimi anni in Italia. Bertolaso, che è a capo della Protezione Civile ed è per sua natura il primo ad intervenire in tali eventi (e uno dei primi a definire “imbecille” il suddetto Giuliani), sostiene che questa è stata «senz’altro la peggiore tragedia dall’inizio di questo millennio». EHI! Ma sono passati solo 9 anni dall’inizio del millennio: le guerre, gli eccidi nei Paesi del Terzo Mondo, lo Tsunami in Indocina, l’attentato alle Twin Towers cosa sono? A meno che – andando per interpretazione – si volesse riferire alla sola Italia. Abbiamo la fortuna di avere – nonostante il periodo di crisi – meno guai economici rispetto ad altri Stati, tra l’altro.

Rimanendo in argomento, negli ultimi trent’anni ci sono stati nell’ordine terremoti in Irpinia, Umbria-Marche e Molise. Rispetto alla prima citata, tra l’altro, la scossa odierna era anche di 1 punto inferiore, quindi meno intenso (6,9 di magnitudo e XI Mercalli contro 5,8 e IX di stanotte).

Ovviamente i dati sono ancora parziali per quanto riguarda l’Aquila e dintorni e i bilanci su sfollati feriti e morti non saranno definitivi per settimane (si prevede una Pasqua di passione). Anche perché nella sola provincia del capoluogo abruzzese vi sono 108 comuni, escludendo contrade e frazioni varie, e giungere nei soli paesi arroccati e sulle sponde dell’Appennino è difficile già in condizioni normali. Figurarsi con le crepe nelle strade (e la locale Prefettura in questo stato). Tutta questa ricerca serve per dire che non c’è affatto bisogno di esagerare su cifre e statistiche. Bastava dire “c’è un’emergenza in atto“. Stop.

Emergenza a cui inevitabilmente faranno seguito polemiche e indagini che dureranno anni. Basti pensare che si scrive ancora a proposito di Viale Giotto a Foggia o del crollo di San Giuliano di Puglia dovuto al terremoto di 6 anni e mezzo fa. Comunque, a parte i finanziamenti per aiuti vari, containers, processi legali, fra qualche tempo si pagheranno accise su qualsiasi cosa di pubblico e utile consumo. Per farla breve, future e logiche saranno le ripercussioni economiche sulle tasche del cittadino (a meno che non vi siano simil-Piani Marshall per la ricostruzione, ma non eviteranno del tutto le spese). Assieme alle accuse contro questo o quell’amministratore locale, ingegnere, esperto che diverrà “assassino, negligente e pezzo di merda”.

Senza escludere sciacallaggi e speculazioni che non mancheranno mai. Si leggano i titoli di gruppi Facebook come “quelli che hanno sentito il terremoto” o “chi non l’ha sentito”, per esempio, o i fondatori di altri come tale “tessuti e tendaggi” vari.

In tutto questo, la Petruni, dal TG1, chiedeva all’inviato, dopo quasi 11 ore dal sisma: «com’è a l’Aquila la situazione?» Come può mai essere una realtà a poche ore dalla distruzione?

[oggi]

Come al solito, affievolita – ma mai finita – l’emotività dei primi momenti, spesso si polemizza e contesta. Continuerei a sostenere che per ora non sarebbe il caso, ma è meglio prepararsi in ottica futura.

La fine di Cassandra

Alcuni hanno colpevolizzato Bertolaso e Berlusconi, rei di non aver dato retta alle avvisaglie di Giuliani, del quale ho accennato ieri [più sopra, in realtà]. Ma, come avevo già scritto, quella del ricercatore era una ricerca personale (come da lui stesso ammesso), non depositata, né ancora condivisa. Un primo sisma era stato da lui annunciato oltre una settimana fa anche in una zona diversa, non verificandosi. Nei giorni scorsi, dopo una denuncia per “procurato allarme”, avrebbe compiuto ricerche – a suo dire -, non potendole esporre alle masse proprio in virtù delle dichiarazioni della Protezione Civile. Per questi ed altri motivi, ascoltare gente “accassandrata” è un qualcosa di cui si potrebbe fare benissimo a meno, ora (così come accusare chicchessia sul piano politico): comunque sia sarebbe stato impossibile evitare la scossa.

Resistere, resistere, resistere

Mentre volontari o no scavano ancora tra le macerie, però, Berlusconi rilascia interviste a “Matrix”, “Porta a Porta” e altri speciali. Tra i fondi di 30 milioni di Euro già stanziati, più quelli dell’UE e degli USA, auspica una ricostruzione nel più breve tempo possibile (non solo container), approfittando anche del piano casa (4:11). Fortunatamente (se di fortuna si può parlare) degli ampiamenti abitativi non si è trattato qualche mese fa. Altrimenti avremmo visto potenziali crolli di edifici modernissimi, ulteriormente ingranditi frettolosamente, a scapito della sicurezza. Già si sono avute polemiche proprio in base a questo: nel vedere costruzioni in cemento armato collassare come castelli di carte.

Eppure qualcuno ha obiettato che “a San Francisco un terremoto del genere avrebbe fatto ridere”, per esempio. La questione è stata avanzata anche da esperti. La logica, tuttavia, potrebbe spingere ad osservare l’analisi dell’affermazione in maniera diversa. La città californiana nasce e si espande su una faglia: per farla breve, un distributore automatico di terremoti. All’Aquila un evento sismico del genere (5.8 Richter) non si verificava da decenni. C’è un’esperienza diversa anche nella costruzione dei nuovi edifici, anche se ciò non assolve pienamente i singoli operai del settore. Inoltre, i palazzi in acciaio e vetro degli USA (che i danni li subiscono ugualmente) non sono comparabili con le chiese romaniche, barocche e rinascimentali dell’Appennino. Rapportare le due zone sullo stesso piano è come porre a paragone Coca cola e vino. A margine: fa molto più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Seppure lesionata, la maggior parte delle case di recente edificazione è rimasta in piedi. Ad ogni modo si deve fare di più, prima. Senza dubbi.

Scoop!

I giornalisti hanno inquadrato palazzi distrutti o implosi all’interno. Fin qui tutto bene (si fa per dire), testimonianze reali. Intervistare gli abitanti del posto con tono di terrore misto ad accondiscendenza, naturalmente inermi e disperati, con “simpatiche” domande quali: “Perché piange?” “Come sta vivendo questa situazione?” “Che scenario c’è?” “Ma è andato alla ricerca dei suoi parenti?” “Cos’ha pensato?” “Come va?” [tutte vere!] o ricordare loro lo strazio di poche ore prima nell’estrarre il cadavere di un parente da sotto i calcinacci è squallido, oltre che inutile, pleonastico, cinico e – oserei dire – più che idiota. Quegli abruzzesi sono talmente affranti e stanchi che non hanno la forza di prendere una pietra e scagliarla contro alla microfonata di turno. Ci sarebbero modi migliori di svolgere civilmente il proprio lavoro (magari lasciando parlare il testimone, se ne ha voglia). Che non sarebbe quello di dare dati che non possono importare ad anima viva (e su cui stenderei un velo più che pietoso) o di infierire su una strage.

Già ci pensano sciacalli (non mancano mai in questi casi), gruppi Facebook e raccolte fondi strane a fare il plenum in tal senso. Vedere anche Bruno Vespa (nato a L’Aquila) chiedere ricostruzioni ad una nota Banca [non ho trovato il video…] o le pubblicità di altri Istituti di Credito nelle tendopoli [nessun riscontro fotografico sul web, ma sono sicuro di ciò che scrivo] lascia perplessità (e la voglia per qualcuno di ritirare i propri conti correnti). Nonostante le speculazioni, presunte o accertate, si spera nella fibra forte degli autoctoni, in primo luogo, più che negli aiuti economici e nelle sponsorizzazioni “involontarie” (od occulte, per chi ha più mala fede).

Se fosse…

Qualche tempo fa si parlava di centrali nucleari; ancora ora si parla di discariche [e ne parlerò nuovamente a breve; non so se i link facebook sono visualizzabili in questa sede]. E in caso di terremoto si rischiano inquinamenti di falde e non solo in caso di incidenti ad esse? Bisognerà – auspicabilmente – riconsiderare più cose, almeno per contenere i bilanci di danni, morti e feriti.

“E se fosse successo di giorno?” Poco è differente. Di notte lo spavento e il risveglio repentino è compensato dalla mancanza di collettività del giorno, che creerebbe caos o causerebbe immediate gravi conseguenze (basti pensare a scuole o messe, e il ricordo di San Giuliano di Puglia è ancora recente).

Ritorno a dire, concludendo, che poche sono le cose certe. C’è stato un terremoto, tale da causare un’emergenza, che ha provocato ingenti danni e ha messo la parola “fine” a centinaia di piccole grandi storie ordinarie.

È ufficiale, i dev di MediaWiki stanno lavorando all’integrazione di OpenStreetMap (OSM) in Wikipedia e in tutti gli altri progetti Wikimedia!

OpenStreetMap, come il nome lascia intuire e come scritto su Wikipedia, è un progetto collaborativo per creare mappe a contenuto libero (CC-BY-SA) usando dati da dispositivi GPS portatili e altre fonti libere.

Ulteriori riferimenti: la pagina di coordinamento wikimediana e quella su OSM.

@update: Florence ne parla qui.

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Questo weekend sono stata a Berlino, per il Wikimedia Chapters Meeting, un evento che raccoglie una cinquantina di persone da più di 20 paesi diversi, che si confrontano sull’operato dei rispettivi capitoli nazionali e con Wikimedia Foundation.

I casi più eclatanti degli ultimi sei mesi sono stati:
1. Wikimedia Deutschland: la più grande biblioteca tedesca (Land Library of Saxony – State and University Library Dresden -> SLUB) ha rilasciato con licenza Creative Commons – Attribution – Share Alike (cc-by-sa) 250.000 immagini
2. Wikimedia New York ha creato il progetto Wikipedia Loves Art in collaborazione con diversi musei (idealmente in tutto il mondo): si tratta di un contest che invita i visitatori dei musei a fotograrne le opere e a rilasciare le immagini col licenza libera
3. Wikimedia Deutschland: l’archivio federale tedesco ha rilasciato circa 100000 foto con licenza Creative Commons – Attribution – Share Alike (cc-by-sa)

La cosa buffa (si fa per dire) è che da quando ha siglato l’accordo, il Bundesarchiv ha visto triplicare gli accessi al suo sito e raddoppiare la vendita delle immagini.

Ora.. è possibile che quando in Italia proviamo a proporre qualcosa del genere la gente inorridisca quando gli diciamo che la clausola “nc” (non commercial) non la possiamo accettare? Per non parlare della “nd” (no derivative)!
Succederà prima o poi anche da noi che qualcuno si accorga che se la pubblicità è l’anima del commercio, allora la content dissemination unita alle licenze libere ha un enorme potenziale, porta visibilità e fa miracoli per la reputazione?

@update: Bundesarchiv and Wikimedia Commons presentato al quinto Communia Workshop, a Londra

@update: come mi segnala Ilario nei commenti, anche Wikimedia CH ci mette del suo 😉

Search Wikia, il primo motore di ricerca collaborativo, chiude, lo ha annunciato ieri Jimmy Wales sul suo blog:

while I personally believe in the opportunity for free software to make serious inroads into the search space, our project, Wikia Search, has not been enjoying the kind of success that we had hoped.
In a different economy, we would continue to fund Wikia Search indefinitely. It’s something I care about deeply. I will return to again and again in my career to search, either as an investor, a contributor, a donor, or a cheerleader.
But for now, we will be closing the doors on the Wikia Search project (as of March 31, 2009) and will be re-directing and refocusing resources on other Wikia.com properties, especially on Wikianswers.

..come un cd omaggio allegato a Windows95, nel lontano 1996. Poche informazioni in italiano, qualche difetto di navigazione, ma belle foto. Era l’epoca delle enciclopedie su cd e in fin dei conti non ne ho mai vista una che mi soddisfasse (argh!) soddisfacesse.

Non credo che verserò calde lacrime per la sua dipartita.. piuttosto: chissà se Microsoft avesse voglia di fare un’uscita in grande stile, rilasciando i contenuti con licenza libera..

Se ne parla anche qui

@update: mentre la notizia rimbalza ovunque, mi segnalano questo dove scopro che citano una critica a Encarta sull’aggiornamento presa da en.wiki, che nel frattempo è stata rimossa perché priva di fonti.. come a ricordare che Wikipedia è sempre aggiornata! (poi ti credo che il mondo crede, e scrive, che Encarta chiude per colpa di ‘pedia..)

Nella cronologia della voce su en.wiki si scova una versione che riporta tra le critiche a Encarta lo scarso aggiornamento (il filosofo politico John Rawls morto sul finire del 2002 risultava ancora in vita nella prima edizione di Encarta 2005).

@update: Andrew Lih sul suo blog recupera il commento di Tom Corddry (del team di Encarta) alla vicenda

Settimana scorsa sono andata ad un appuntamento con un gruppo editoriale che voleva capire meglio il wikimondo e, in attesa dell’interlocutore principale, ho risposto a qualche domanda di routine su wiki*. Poi la domanda “Ma tu che social network frequenti?” e mi sono trovata a dibattere dei pregi e dei difetti dei vari SN che conosco e vagamente uso.. al punto che quando l’interlocutore principale è arrivato ha chiesto a me e al suo collega “Ma voi vi conoscevate già?”.

Stamattina mi sono registrata su XING, perché ne ho sentito parlare da diverse persone (che sollecitavano un mio parere) e perché mi è capitato sotto il naso da qualche parte nella rassegna mattutina.
Primo feedback: se seleziono che faccio la libera professionista, perché devo dirti per forza con chi lavoro?
Secono feedback: non sono ancora praticamente iscritta e prima di poterlo usare devo decidere se voglio la versione free o a pagamento. Lasciami dare un’occhiata in giro prima!
Il giro è stato molto rapido ed è possibile che torni a rivedere e ridecidere, ma la prima impressione è stata: “ok, è come LinkedIn”. Poi ho cercato un paio di persone che conosco che sono molto attive su LinkedIn con una enormità di contatti/gruppi/ecc e ho visto che su XING hanno 1 contatto o poco più e questo ha rafforzato la mia impressione.

Qualche anno fa ho conosciuto David Orban e il giorno dopo mi sono trovata nella casella email il suo invito a iscrivermi a LinkedIn. Più per inerzia che per altro mi sono iscritta ma di fatto non l’ho utilizzato per quasi un anno. Poi un giorno mi sono svegliata e ho deciso che dovevo tenere un po’ d’ordine tra i miei contatti: persone che conoscevo e incontravo, di cui si accumulavano i biglietti da visita, e che non ero certa di riconoscere (o meglio, collegare faccia-nome-provenienza professionale).. e mi è tornato in mente LinkedIn. Da allora ogni volta che ho a che fare con qualcuno, automaticamente vado a cercarlo su LinkedIn e lo aggiungo alla mia rete.

Ho aperto un account su Facebook perché ero stufa di cestinare gli inviti. Di Facebook odio il caos, le due interfacce, i termini d’uso, l’essere amichetta di persone che non sopporto perché in fondo le conosco, ecc. Però apprezzo il suo essere strumento di massa, con un potere di penetrazione superiore a quello delle figurine Panini e di essere riuscito a raggiungere una marea di persone che per me, altrimenti, sarebbe stata invisibile in rete. Penso ai miei compagni delle elementari che scovo (o che più spesso mi scovano), a tutto il parentame dalla parte di mia madre (unito da un cognome che contraddistingue tutti e soli i parenti) che ora si ritrovano in un gruppo a discutere del loro legame e della storpiatura del cognome stesso che si portano dietro.

Quando sono arrivata su Twitter non lo so. Da non sms maniaca non l’ho usato molto all’inizio, anzi. Sbirciavo ogni tanto quel che dicevano i miei amici, ma nulla di più. Da qualche giorno ho aggiunto il widget di Twitter su NetVibes e lo uso molto di più. Mi piace perché è rapido, perché riesco a decidere al volo cosa voglio leggere e cosa no, perché tutto sommato ci passano informazioni interessanti.

Odio MySpace (devo essere troppo vecchia..) e amo Flickr. Mi ostino a pensare di poter vivere con uno scarso uso di delicious, ma prima o poi mi arrenderò ai limiti della mia memoria non immediatamente condivisibile. La mia libreria e i miei desiderata librari non sono più gli stessi da quando uso Anobii (non c’è libro che venga fisicamente messo in libreria se prima non l’ho registrato sul mio account anobii, altrimenti sono urlacci). I ristoranti vengono scelti, votati e talvolta inseriti su 2spaghi.. e sicuramente in questa carrellata dimentico un sacco di SN che uso attivamente o passivamente.

Ma la piccola perfezione degli intrecci sociali che tanto mi fa ridere in questi giorni è la seguente: dell’ufficio in cui mi appoggio in questo periodo Facebook non è raggiungibile (è blacklistato perché i dipendenti ci perdevano troppo tempo). Il mio account Twitter è collegato al mio account Facebook, in modo che le mie twitterate finiscano nel mio stato su FB (per inciso, vale anche il viceversa). Su FB ho attivato tutti gli alert possibili via mail (operazione fatta in tempi non sospetti, quando non riuscivo a trovare un altro filo rosso per dipanare il caos), per cui i commenti al mio stato mi vengono segnalati via mail. Io li leggo e rispondo via Twitter. Perfetto, no?

Sabato al ParmaWorkCamp Sara ha presentato “Quando anche il tuo capo è online“:

CaramellaMenta me l’ha segnalata ieri, sollecitandomi un commento.

Premesso che io sabato non c’ero e quindi posso “parerizzare” solo in base a quel che leggo, mi sembra che in linea di massima Sara abbia ragione e sollevi dei bei paletti su cui meditare; però la presentazione mi ha dato la sensazione (che non derivo da qualche affermazione in particolare ma che, appunto, è una sensazione) che in fondo lei dica “c’è il tuo capo online, non farlo/non dirlo/ecc” punto su cui non concordo particolarmente, perché sono più propensa al “dillo in un altro modo” (il mio blog personale è stato a lungo criptico per i lettori, perché avevo voglia di scrivere per me e non necessariamente di divulgare fatti miei).

Quanto alle mie abitudini online e a come le viva il mio capo, sono dell’idea che se uno mi compra perché mi ha trovata in rete sa cosa compra ed è folle se pensa che siccome lavoro per lui, io cambi totalmente modo di fare e smetta di twitterare/bloggare o che.
Avendo una certa visibilità come wikipediana, ho vissuto a lungo il “lato no” della vicenda, lavorando anni per datori di lavoro che non mi pagavano perché ero il presidente di Wikimedia ma che anzi guardavano con orrore (o quasi) alla mia attività semi-notturna ponendosi degli interrogativi tutto sommato ragionevoli (ma lavorerà? si distrarrà? avrà già raggiunto soddisfazioni sufficienti?). All’epoca ho deciso che l’unica risposta possibile/sensata non fosse chiudere con Wikipedia ma cercare sempre ottimi risultati nel lavoro.
D’altra parte quando mi è capitato di essere comprata dopo essere stata avvistata in rete, forse sono stata fortunata o forse ho avuto datori di lavoro sufficientemente abili da trovarmi ma abbastanza ignoranti o non interessanti per seguirmi in tutte le mie manifestazioni in rete, da lasciarmi tutto sommato in pace.

Morale della favola? Scegliete consapevolmente chi siete e cosa fate (possibilmente sia in rete che fuori!).

Oggi si festeggia il compleanno del wiki: 14 anni fa lo zio Ward lanciò la prima community Wiki, come esperimento all’interno del Portland Pattern Repository (su ‘pedia: zio Ward, Portland Pattern Repository, wiki).

Ieri la NASA e Microsoft hanno sottoscritto un accordo per rendere accessibili online i contenuti più interessanti prodotti da NASA (immagini planetarie e dati) tramite il WorldWide Telescope, un progetto di Microsoft. (su ‘pedia: WorldWide Telescope).

Su Wired.com dell’altro ieri si trova la notizia sconvolgente che l’MIT ha deciso di rendere disponibili online gratuitamente tutti i loro articoli.

Domenica Wikimedia Italia ha iniziato il processo per diventare APS (Associazione di Promozione Sociale) modificando il proprio statuto (su corriere.it: parlano i “wikipediani” del Bel Paese).

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N.B. Lo so che il mondo non è iniziato dai dischi in vinile e che ho tralasciato una dozzina di alternative e sviluppi tecnologici vari. Concedetemi un minimo di iper-semplificazione 😉

Un tempo la musica la si ascoltava dai dischi in vinile ed il video (per i più volenterosi) lo si vedeva da pellicola, poi arrivarono le audiocassette. Compatte, resistenti (più di un vinile se non altro) e con la possibilità di leggerle e scriverle tramite apparecchi compatti le audiocassette permettevano un ascolto agevole della musica con una qualità non eccelsa ma ragionevole. Il video su un’audiocassetta proprio non ci stava e così, svariati anni dopo, vennero introdotte le videocassette che, con un volume un po’ più abbondante rispetto alla normale audiocassetta, permettevano tranquillamente di vedere, copiare e trasportare3 ore buone di video. Audiocassette e videocassette sono state una rivoluzione. Quello che prima era un rituale per iniziati diventava comodo ed accessibile a tutti. Non c’è da sorprendersi che mangianstri e videoregistratori fossero presenti in praticamente tutte le case.

Poi siamo passati a CD e DVD. Il vantaggio dei dischi ottici non è mai stato tanto la capienza (un album musicale o un film stavano tranquillamente su una cassetta), la resistenza (CD e DVD sono spesso più fragili delle cassette) o la qualità. I vantaggi fondamentali sono stati la versatilità ed il passaggio ad un supporto digitale. Questo passaggio è infatti coinciso con l’inizio della lenta transizione dei pc da macchine da lavoro (o, al più, da gioco) a centri multimediali. Su un CD/DVD ci metto i dati che più mi piacciono (musica, film, libri) e poi me li vado a riprendere come e quando voglio, senza dover far scorrere un nastro per beccare dove inizia ciò che mi interessa. Non c’è da stupirsi che lettori CD e DVD sianoa tutt’oggi presenti in quasi tutte le case.

Poi è arrivato il blu-ray. I blu-ray promettono di archiviare fino a 50 Gbyte di dati (due o tre film in alta definizione) con le prossime evoluzioni ma la domanda mi sorge spontanea: se ne sentiva proprio la mancanza? A che bisogno del mercato rispondono? Sicuramente non al bisogno di supporti più compatti dato che i blu-ray sono delle stesse identiche dimensioni dei CD. Nemmeno ad un bisogno di resistenza meccanica (CD e DVD hanno la brutta tendenza a smettere di funzionare quando ne viene graffiata la superficie) dato che lo strato protettivo dei blu-ray è così sottile che basta un nonnulla per rendere inservibile il tutto. Le funzionalità offerte dai blu-ray poi sono pressappoco le stesse dei DVD. L’unico vantaggio reale è la capacità di archiviazione che permette di far stare un film in alta definizione su un unico supporto. Il problema è che, anche dando per scontato che quasto bisogno di capacità di archiviazione sia reale e sentito, il blu-ray è la risposta sbagliata.

Un’alternativa? Ad esempio le memorie a stato solido. Proviamo a fare un paragione fra un blu-ray ed una scheda SD:

* Partiamo dalle dimensioni: un blu-ray (così come un CD o un DVD) è un disco con diametro 12 cm (11310 mm quadri) mentre una scheda SD standard è un rettangolo 24×32 mm (768 mm quadri). Gli spessori sono comparabili. Ergo: un blu-ray è quasi 15 volte più ingombrante di una scheda SD. Esistono poi gli standard mini e micro SD che sono, rispettivamente, 20×21.5 mm e 11×15 mm.

* Resistenza meccanica: un blu-ray (come CD e DVD) è sensibile soprattutto alla flessione. Infatti, essendo molto largo e sottile, basta poco per deformarlo quel tanto che basta a renderlo inutilizzabile. In più i dischi ottici sono anche molto sensibili agli urti laterali; se vi cascano di taglio in terra hanno la brutta tendenza a fratturarsi radialmente come tante fette di torta. Per peggiorare le cose i bly-rayhanno uno strato protettivo di 0,1 mm contro gli 0,6 dei DVD. Di conseguenza bastano graffi molto più lievi per rendere il tutto inutilizzabile (c’è da dire che lo strato protettivo di un blu-ray è più duro di quello di un DVD e quindi, a parita di sfregamento, i solchi lasciati sono minori). Una scheda SD non sarà indistruttibile ma la si può tranquillamente portare a giro in tasca, farla cadere, bagnarla, strusciarla sul pavimento senza che questo produca un degradamento dei dati contenuti. Ovviamente una SD non è indistruttibile: se la flettete con forza o la prendete a martellate potete dirgli addio. Entrambi i supporti poi sono egualmente sensibili alle alte temperature: se ve li scordate sotto il sole cocente di agosto non sperate di leggerci qualcosa dopo.

* I lettori: un lettore per un blu-ray deve essere, per necessità, largo almeno quanto il disco stesso. In più c’è bisogno del posto per il motorino che lo fa girare, per il laserino e per il gruppo ottico. Un lettore per schede SD non ha bisogno di motori di nessun genere (il che migliora anche la silenziosità e la durata temporale del lettore) e può essere poco più grosso della scheda stessa. Non è un caso che gran parte dei cellulari permettano di ampliare la memoria attraverso una minuscola porta micro SD.

* Il costo al gigabyte (ovviamente indicativi): un blu-ray della Verbatim da 25 Gbyte costa poco meno di 10 euro. Una scheda SD da 16 Gbyte poco meno di 30. Ergo: una scheda SD costa oltre 4,5 volte più di un blu-ray come prezzo al Gbyte.

* Velocità di scrittura: Un tipico blu-ray 2x permette di scrivere 72 Mbit al secondo. Si parla di blu-ray 8x che potrebbero scrivere fino a 288 Mbit al secondo. Una tipica scheda SD di classe 6 (40x) permette di scrivere 6 Mbyte al secondo e le specifiche 2.0 prevedono velocità fino a 200x (30 Mbyte al secondo). Confrontare Mbit con Mbyte richiede una certa dose di inventiva dato che non è ovvio sapere se il fattore di conversione sia 8, 10 o qualche altro numero esoterico; comunque sia a spanne direi che i blu-ray sono un filo più veloci delle schede SD e lo rimarranno anche nel prossimo futuro.

In conclusione: allo stato attuale delle cose i blu-ray sono il supporto portatile più capiente (se si escludono gli hard-disk ssd che però sono ancora troppo costosi e tutte le soluzioni poco trasportabili tipo dischi rigidi o nastri da backup) e più veloce disponibile in questo momento sul mercato. Tuttavia è anche ingombrante, fragilissimo e necessita di lettori ingombranti e rumorosi. Le memorie allo stato solido invece sono una tecnologia emergente che sta facendo passi da gigante e non mi stupirebbe troppo che sopravanzassero i dischi ottici sia un capienza che in velocità in pochi anni.

E allora perché i blu-ray vengono spinti tanto dalle industrie? Sarà mica che, per vendere, avevano bisogno che noi si rinnovasse il parco dei lettori (e dei televisori)? Sarà mica che oramai hanno speso così tanti soldi su questa tecnologia (Sony in primis) da non potersi permettere di farsi sopravanzare da una tecnologia più innovativa e più “giovane”?

Ciascuno è libero di fare quello che preferisce ma io continuerò a vedere i film su DVD (la cui qualità mi pare soddisfacente) nell’attesa che memorie a stato solido e gli hard-disk multimediali facciano scomparire i fossili del passato.

Wikituristi by

19 Mar
2009

Sabato e domenica un po’ di malvagi enciclopedisti provvederanno a invadere Milano.
Sabato faremo i turisti e domenica saremo di assemblea.
Siete tutti invitati!

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