Su Wikipedia il patrolling è la sottile e necessaria opera di verifica delle ultime modifiche.
Particolare cura viene spesso posta nella valutazione dei contributi dei cosiddetti anonimi, ossia degli utenti non registrati.
Via Twitter (grazie Angela!) scopro oggi l’esistenza di questo grazioso tool, ispirato a twittervision e a flickrvision, che mostra in tempo reale (o con un ritardo attorno ai 5 minuti) i contributi degli utenti anonimi geolocalizzati in base al loro IP.
Dati i filtri applicati (vengono scartati gli IP non risolvibili, gli IP che corrispondono ad aree geografiche troppo grandi, gli edit in sequenza di uno stesso IP sulla stessa voce, alcuni IP che corrispondono a modifiche contemporanee) il tool non ha alcuna vera utilità (qui un grafico e qui un’immagine delle ultime modifiche) nemmeno statistica, però è carino 🙂

Il fuggitivo by

12 Mag
2009

Premessa doverosa: Cesare Battisti è nato nel 1954 (quindi non si tratta dello statista ottocentesco suo omonimo), ed è stato membro del nucleo dei Proletari Armati per il Comunismo. Soliti aggettivi usati a sproposito (che causano equivoci poi). ‘Sto tipo, dall’adolescenza a dir poco delinquenziale, era entrato un gruppo armato negli anni di piombo, che annovera attentati ed esecuzioni, per inseguire utopie prese troppo alla lettera.

Battisti in particolare fu accusato di aver commesso 4 omicidi. Nell’ordine, pare avesse ucciso un poliziotto penitenziario, un macellaio, un gioielliere e un agente DIGOS (quest’ultimo legato all’inchiesta sul precedente delitto). Arrestato nel ’79, nonostante professasse la propria innocenza, fugge due anni dopo in Francia. Lì riesce a cavarsela dall’estradizione in più riprese. Ora gode dello status di rifugiato politico in Brasile. E, dalla spiaggia di Copacabana, in piena immunità, rilascia interviste e dichiarazioni. Continuando a produrre romanzi gialli: negli ultimi anni doveva pur ricostruirsi una reputazione…

Negli ultimi giorni ha rotto di nuovo il silenzio: alla televisione tedesca dichiara: “Non arriverò vivo in Italia, ho troppa paura. Ci sono cose che si possono ancora scegliere, come il momento della propria morte.” Poi prosegue: “dopo 30 anni è assurdo finire in prigione per dei crimini che non ho mai commesso. Ero un militante come tanti, ma hanno fatto di me un mostro, un assassino…”.

Solite impressioni: “ce l’hanno tutti con me”. Ma bisogna sapersi accollare le proprie responsabilità. O dimostrare fortemente la propria innocenza sul campo, non evadendo e pregando per un asilo in terra straniera. Ammesso che non abbia ucciso di prima mano quella gente, si presume che Battisti conoscesse con certezza le azioni commesse dal gruppo cui apparteneva. Se non “braccio”, era complice di un’organizzazione terroristica che andava sgominata e condannata.

Ora, chiaramente, rimane all’ombra del Corcovado e non avrebbe intenzione di tornare nel Belpaese. Piuttosto preferirebbe il suicidio, perché “ci sono cose che si possono scegliere, come il momento della propria morte”. Questa è nuova. Non credo che Santoro, Sabbadin, Torregiani e Campagna (le quattro sue probabili vittime) volessero morire in quei determinati momenti…

È vero che si è bravi a parlare e criticare. Infatti penserei ad altri precedenti. C’è chi ha rubato “perché rubavano tutti”, governando lo Stato che diceva di amare. Nel quale, una volta in Africa, non è tornato nemmeno da morto. Dopotutto, fregare milioni di persone è un reato. Come l’omicidio, no?

Basta con i giustizialismi. Battisti ha ammesso la propria emozione negativa nel rincasare. Sarcasticasmente, visti i tempi, non dovrebbe aver paura. Potrebbe sperare anche in un posto in Parlamento.

Atomismo politico by

12 Mag
2009

Tramite .mau. vengo a scoprire che i “giornali di sinistra” seguono la tendenza dei partiti e si frazionano ancora facendo nascere L’altro e Il Fatto.

Democrito cercava l’unità indivisibile di materia (l’atomo). Questi cercano l’unità indivisibile di partito (l’atomo politico?). Al CERN attendono con ansia che venga raggiunto il livello “un politico un partito” per iniziare ad indagare la politica subatomica.

Flussi migratori by

11 Mag
2009

Il Governo ha deciso di dare un taglio. Non previsto dalla legge finanziaria, però.

Centro della discussione è il freno all’ingresso di immigrati irregolari in Italia. Dopotutto, può essere un fenomeno potenzialmente pericoloso. Non si conoscono le vere generalità di chi viaggia in condizioni non di certo ideali al fine di raggiungere (illegalmente, in mano a traghettatori senza scrupoli) i Paesi civilizzati dell’Unione Europea. Infatti, chi cerca una nuova speranza, rischia anche di morire sulle onde del Mediterraneo (per malattie, per fame…) o deve cercare di mantenere anche salva la vita dei propri figli.

A quanto pare, i Centri di Permanenza Temporanea non basterebbero più. Dura anche la gestione degli stessi. Per questo si è deciso (meglio, la Lega – su tutti – ha deciso) di respingere coloro che si apprestano a sbarcare. Come al solito, il premier non esita a dire la sua. Una parentesi: se non vuol essere riportato dalla “stampa di sinistra”, che organizza “crociate contro di lui”, potrebbe evitare certe dichiarazioni. Che, obiettivamente, creano qualche perplessità. Non solo in ambito politico, ma anche nel sociale.

Berlusconi sostiene: «Si deve fare chiarezza sulle due visioni. La sinistra con i suoi precedenti governi aveva aperto le porte ai clandestini provenienti da tutti i Paesi. Quindi l’idea della sinistra era ed è quella di un’Italia multietnica. La nostra idea non è così». Poi, secondo il Corriere della Sera, continua: «non apriremo le porte a tutti come la sinistra», «l’accoglimento [vale] solo per chi [ha diritto] all’asilo politico», ossia «coloro che mettono piede sul suolo [italiano], intendendo anche le acque territoriali». Ovviamente mantenendo gli accordi internazionali e soccorrendo i traghettati all’occorrenza.

La sinistra diverrebbe nemica del patriottismo? Strano che non abbia espresso parola sull’argomento Giorgio Napolitano. Molti l’hanno dimenticato, ma ad emendare una legge in tema di immigrazione, dopo il socialista Claudio Martelli, è stato proprio l’attuale Presidente della Repubblica con la collaborazione di Livia Turco. Secondo il testo, il clandestino dev’essere immediatamente espulso dallo Stato (salvo particolari eccezioni). Inoltre, vengono istituiti i CPT. La cosiddetta Bossi-Fini altro non è che un inasprimento della precedente disciplina.

Se “un’Italia multietnica” (che secondo Berlusconi vorrebbe la sinistra) è così condannabile, frase tra l’altro sostenuta in maniera chiaramente generale, allora, non ci dovrebbero essere, nell’ordine di numero, Dida, Mattioni, Kaladze, Pato, Cardacio, Kalac, Viudez, Kakà, Senderos, Shevchenko e Ronaldinho. Tutti extracomunitari. Tutti giocatori del suo Milan. Ha sbagliato aggettivo e/o è stato frainteso. Davvero.

Però altri dubbi sarebbero leciti: “accoglimento valido per chi ha diritto all’asilo politico”. In Sudan o Mauritania ci sono guerre e regimi, ad esempio. Ma molti profughi vengono proprio da queste due nazioni africane. I cittadini potrebbero richiedere certamente asilo politico in un altro territorio. Ma, rimandando indietro un barcone al di là delle 12 miglia costiere, come si fa a sapere da quale Paese quei naufraghi provengono? E quanto un eventuale sondaggio in mezzo al mare può essere fondato?

Le critiche di Chiesa, stampa, organi governativi e del Consiglio di Europa non sono tardate. Qualcuno, però, ha ancora dimenticato che una volta noi cercavamo fortune altrove. Se qualcuno non fosse nato in una famiglia borghese, figlio di un impiegato di banca (per esempio), e al nord, ma fosse cresciuto in un nucleo che si nutriva di pane e patate pregando per un posto in miniera, probabilmente avrebbe vissuto drammi simili a quelli subiti dai “moderni” disperati.

Ogni situazione non merita superficialità. Specie quando si sta “giocando” sulla Storia. Sia essa generale o specifica.

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Sistema binario by

8 Mag
2009

Qualche tempo fa, la Lega Nord lanciò la campagna “Padroni a casa nostra”, con la collaborazione del Movimento per le Autonomie*.

Lo slogan era sorto in occasione del progetto di trasformare l’Italia una Repubblica Federale (in pratica, rendere autonome le singole regioni e altri enti in più materie – da pochi giorni lo sono per quanto riguarda parte dell’economia – ; con tutti i pro e contro del caso). Logicamente, per chi fa gli interessi soprattutto del Settentrione della Penisola, occorre uno slogan forte, per quanto potenzialmente discriminante.

Fedele alla linea, il capogruppo dei consiglieri leghisti del Comune di Milano, Matteo Salvini, sentito il parere di una “scrittrice-taxista-candidata”, lancia la provocazione: “vista l’arroganza, la maleducazione e la violenza che regnano, così come una volta c’erano i posti riservati ai reduci, agli invalidi e alle donne incinte, avanti di questo passo fra dieci anni se non si interviene ci saranno posti o vagoni riservati ai milanesi e alle persone perbene. Se non si mette un limite all’immigrazione arriveremo a questo”.

L’idea, sebbene tutta al condizionale, mette in subbuglio i vertici di tutti partiti, da destra a sinistra. La proposta sarebbe “razzista”, “degna del Ku Klux Klan”, “emarginante”, “fantascientifica”. Fini, da Presidente della Camera che si rispetti, tira in ballo la Costituzione, offesa nei suoi principi cardine. Effettivamente, anche il solo pensare di isolare – per dire – i “negri” e i “talebani” dai “milanesi” è qualcosa pari ad una “bestialità politica” (parole di Italo Bocchino…).

Non contento, Salvini rincara la dose: dalla sua rubrica su affaritaliani.it (dal lungimirante titolo “Arancini Padani”) emerge un quadro in cui il milanese medio sembra essere sconfortato. E attacca soprattutto “zingari e clandestini”, come se l’extracomunitario fosse composto solo da queste categorie (un contributo a caso: “Chemminchia, io votavo per Fini ma c’ha proprio rotto le balle con ‘ste difese di clandestini, islamici e zingari” è l’eco che giunge dal banco di fronte, frutta e verdure regolarmente vendute “con tanto di scontrini fiscali, mica come quegli stronzi – due abusivi che vendono limoni, carciofi, rapanelli e insalata – che non pagano una lira di tasse e mi portano via il lavoro”).

Non è la prima volta che una provocazione simile viene da un membro del partito del Carroccio. Qualcuno si ricorderà di Mario Borghezio, antieuropeista ma Europarlamentare (tra i più presenti), che ebbe la brillante idea di disinfettare i treni “contagiati dagli immigrati”.

Nella più totale improbabilità che possa passare un simile emendamento, dunque, sarebbe pensabile organizzare magari i “pullman verdi” d’élite riservati ai leghisti. In tal caso, sicuramente un “povero padano” non rischierà di subire lesioni (per esempio) da “comunisti, terroni o negri di merda”.

* Proprio oggi, il leader del MpA, Raffaele Lombardo, attuale Governatore della Sicilia, è stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di abuso d’ufficio (assieme – tra gli altri – al suo predecessore, l’UDCino Totò Cuffaro).

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Tra le notizie curiose che ogni giorno riportano i giornali, c’è anche questa: “Citazioni inventate su Wikipedia e i media di tutto il mondo ci cascano.” Essendo personalmente “coinvolto” sull’enciclopedia, avrei il dovere morale di fare chiarezza.

I fatti: sulla versione in lingua inglese di Wikipedia, un tale (irlandese) ha pensato bene di provare qualcosa. Come molti sapranno, su Wikipedia c’è la possibilità di inserire i propri contributi; se confermati da fonti, tanto meglio. Da poche ore era morto Maurice Jarre, compositore e 3 volte premio Oscar (diverse le nomination). Ovviamente su quella voce i contributi si sono moltiplicati e tra le varie aggiunte compare questa: One could say my life itself has been one long soundtrack. Music was my life, music brought me to life, and music is how I will be remembered long after I leave this life. When I die there will be a final waltz playing in my head and that only I can hear. “Quando morirò nella mia testa suonerà il mio ultimo valzer, che solo io potrò ascoltare”. Una bella frase ad effetto. Ottima come epitaffio di Jarre.

A cascarci sono in molti, tra cui la Reuters e il blasonato The Guardian. Quella citazione è un falso. Inserita il 30 marzo alle 02:29, viene rimossa una prima volta alle 11:51. Un paio d’ore dopo, lo stesso IP irlandese (86.42.227.123) reinserisce l’edit (ore 14:13) che, dopo un giorno, (15:07 del 31) viene tolto nuovamente da un utente (registrato), sicuramente più diligente – tanto da motivare la sua modifica con “citazione senza fonte alcuna” -.

Nemmeno un paio d’ore e l’IP (il numero che identifica la provenienza del contributo, detto in termini molto generici) riscrive ciò che gli era stato cancellato, ma resta appena 6 minuti. In circa 35 ore di presenza, quella cavolata ha ingannato un bel po’ di gente (e la giornalista non l’ha mica scritto…).

Ad ogni modo, il creatore del falso “quote” esce oggi allo scoperto, vantandosi del proprio gesto. Per farla breve, credeva di fregare qualche boccalone (vandalizzando con cognizione di causa? Bluffando? Trollando, come si dice in gergo?) con la sua “provocazione”, invece l’ha “messa in saccoccia” a testate molto lette, ree di non verificare in maniera completa le informazioni che l’enciclopedia offre.

Ma nessuno ha riportato che i vandalismi (di tali si tratta) comunque sono stati rimossi in maniera relativamente rapida (per quanto non sia servito; ma vi assicuro che è unamanamente impossibile verificare ogni singola modifica che si presenta ogni minuto: opera difficile già per la versione italiana, figurarsi per quella inglese!), che Wikipedia non dev’essere un esperimento sociologico (per potenziali sfigati?) perché si presume che, per costruire un’enciclopedia collaborativa, ci voglia buon senso e volontà di fornire conoscenze ad altri, non di creare fregnacce scritte ad hoc al fine di prendere per il culo il prossimo. E in più chi ci scrive e controlla i contributi mica è pagato.

Qualcuno reputa giusto dare importanza a chi crea volontariamente un danno, utile al proprio ego. Mettendo in discussione, ancora una volta, sia la buona fede di chi consulta l’enciclopedia, sia l’affidabilità, in questo caso, di Wikipedia.

“Il mondo è vario”: fin quando qualcuno userà le possibilità che gli si offrono per garantire pubblicità al proprio tornaconto, o per testare la veridicità (soggettiva) di talune informazioni, sarà difficile convincere l’opinione pubblica del contrario.

In proposito, alcuni giornalisti (presumibilmente laureati e impiegati) dovrebbero essere esaurienti. Invece lasciano spazio a ricostruzioni (soggettive) davvero vaghe.

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Bikemiologie by

7 Mag
2009

La penultima tappa di ieri in bici è stata piazza XXIV Maggio – Porta Venezia. Arrivata allo stallo ho schivato una signora sconsolata a cavallo della bici, un tipo appiedato che mormorava “è pieno” e ho controllato sulla cartina qual era la stazione alternativa più vicina: o a metà dei bastioni o all’incrocio con via Palestro.
Mentre scelgo quella a metà dei bastioni, si avvicina un altro Bikemier e mi chiede informazioni (non ho mai dato tante informazioni come quando mi trovo nei pressi di una stazione Bikemi..). Poi parto e vedo che mi pedina. Costeggiamo il parco, ci inerpichiamo nel gran premio della montagna, schivando pezzi di pista (o è un marciapiede?) che cadono a pezzi, tratti ricoperti di sabbia, un discreto parcheggio completamente vuoto, approssimandoci al benzinaio ci troviamo affiancati e lui inizia a sbuffare “ecco, non potevano farlo più vicino? Mai un’informazione corretta!” e puntualmente appare la stazione. Semivuota.
Attacchiamo le bici e torniamo a piedi (5 minuti, non di più). Intanto lui mi rende parte della sua esperienza di Bikemier: il sellino che gira (evvai!), la bici bucata della mattina a cui è uscita fuori la camera d’aria e che si è dovuto portare quasi a spalla allo stallo più vicino e poi ha dovuto attendere i canonici 10 minuti per riprendere un’altra bici, i freni così così, il cestino troppo piccolo, lo spazio dietro non sfruttato, gli stalli troppo lontani, il terzo rapporto troppo lungo che va bene solo in discesa (ma no!), le altre città europee che lo fanno funzionare sicuramente meglio e non si capisce perché non lo copiamo da loro. Però lo usa 😉
Arrivati alla metro lui scende e io tiro dritta in Buenos Aires “Arrivederci!” “Buona serata!”.

L’archivio Pensa by

6 Mag
2009

Ieri scrivevo dell’iniziativa dell’archivio Pensa, che ha digitalizzato le sue immagini, le ha rilasciate in CC-BY-SA e le caricherà su Wikimedia Commons e su Wikipedia. Iolanda Pensa, curatrice del progetto, è passata ieri a lasciare un commento, che mi piace riproporre per maggior visibilità:

Stiamo cominciando ora a provarci. Immagini digitalizzate, testi sulle organizzazioni del territorio, documentazione del Museo delle Grigne online. È solo l’inizio.

Un archivio più essere una cassa comune interessante dalla quale attingere. Non volevamo restare soli. Internet non è uno spazio accogliente, si rischia sempre di parcheggiarsi in un vicolo invece di trarre beneficio dalle autostrade. Così la possibilità di nutrire Wikipedia è apparsa subito come un’occasione interessante per far arrivare i contenuti che vogliamo promuovere a più utenti possibili.

E poi c’è la magia del share-alike. L’idea di permettere l’uso della documentazione del proprio archivio non è niente di nuovo (cos’altro fanno gli archivi), ma l’idea di chiedere a chi usa la documentazione di adottare lo stesso copy right ha degli esiti sorprendenti. Tra qualche mese usciranno due libri della Fondazione Rockefeller per celebrare le attività della fondazione a Villa Serbelloni a Bellagio. All’interno dei libri sono state anche inserite alcune immagini dell’Archivio Pietro Pensa, che possiede un ampio fondo Serbelloni Sfondrati e quasi tutti i documenti che riguardano le proprietà di Bellagio oggi Rockefeller. Insomma le piante dell’edificio e pergamene con i sigilli imperiali sono state rilasciate dal nostro archivio con CC-BY-SA e così anche le immagini dei documenti prodotti dalla Fondazione Rockefeller. Forse più che effetto a catena potrebbe diventare un effetto farfalla. Ed è divertente innescare effetti.

Un invito dunque a innescare effetti su Wikipedia e a Esino Lario il 16 maggio 2009, perché bisogna essere in tanti per contagiare.

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Milano non è mai stata così raggiungibile come da quando viale Zara si è trasformata nella pista di un rally, con le sue corsie che compaiono, scompaiono, si uniscono, poi si dividono, si intersecano a 90° per andare nella stessa direzione.. stamattina non propriamente all’alba l’unica cosa che frenava la mia calata su Milano erano i semafori.
Mentre arrivavo meditavo su dove parcheggiare.. l’ufficio è in Cadorna, in piena zona ecopass. Pago 5€ e parcheggio tra gli alberi davanti alla Triennale o tento il solito marciapiede in strada chiusa nei pressi dell’ex-ufficio e poi pedalo fin qui? Scelgo la seconda, chiamo a casa “mi fai un Bikemi?”, arriva l’sms ed è fatta.
Pedalo allegramente contromano in corso Garibaldi, con lo zaino che straborda dal cestino e la bici che ha il sellino che un po’ ruota (ficciur di tutte le bici di Bikemi) e la dinamo che mi dà fastidio (o qualcosa che tocca? non importa.. tanto lo stato medio della bici è nettamente superiore a quella che uso abitualmente). Sono le 8 di mattina e Milano è silenziosa, nel mio folle contromano incontro solo 2 macchine, zero motorini, tanti pedoni. I negozi sono ancora chiusi, non c’è il rumore delle saracinesche e anche dai bar escono suoni ovattati.
Calcolo rapidamente qual è la strada con meno pavé e giro verso piazza Castello. Mentre sfreccio davanti alla fontana di Craxi penso che ciclisti si nasca: un sedere piccino che combaci bene col sellino o ce l’hai o ti cucchi in silenzio qualche doloretto (che poi un sedere che fa provincia, come il mio, fa sempre comodo quando uno deve parcheggiare!).
Giro a sinistra, semaforo rosso, sono in coda dietro a due vigili in bicicletta, lei sbanda frenando e lui la sorregge. Semaforo verde, lo scivolo di accesso alla “pedana” davanti alla stazione Cadorna è inibito da un ciclista che va nell’altra direzione così faccio il giro lungo; altro semaforo, giro a sinistra, se voglio arrivare in bici al deposito mi tocca un po’ di strada dei tram.
Salgo, schivo il furgone Bikemi e mi avvicino al deposito. C’è una troupe RAI che sta smontando. Eccomi, eccomi!

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Un po’ di storia

“Hai letto che la velina ha finalmente dichiarato il suo amore per quel calciatore?” Basta sostituire “velina” e “calciatore” con due nomi associabili. Ma l’Italia, soprattutto quella dei teen-ager e ventenni, è attratta da quello che in gergo giornalistico è chiamato gossip. Sembra che a molti (“chi è senza peccato scagli la prima pietra”) interessa se quella del GF ha – usando un gergo della mia terra – acciaffato con il coinquilino figo. Uno degli ultimi casi, fra gli indeterminabili, è la passione scoppiata tra Belen Rodriguez e il controverso Fabrizio Corona, scoperti (?) in atteggiamenti molto intimi.

Vedendo le notizie più lette di corriere.it, si scopre che i link più aperti corrispondono spesso ad argomenti relativi a reality o alla vita privata dei VIP. Studio Aperto (e Lucignolo), Mattinocinque e TGcom, è innegabile, hanno formato la nomea proprio sull’analisi di questi episodi, più che sulle cronache o quello che di realmente interessante succedeva nel mondo. È umano: se l’offerta è quella e viene così evidenziata, difficilmente qualcuno non clicka su quel collegamento o non viene a sapere di quel determinato avvenimento, per quanto marginale esso sia.

Negli altri Stati il gossip ha uno spiccato interesse verso i politici. Una stronzata, come quella accaduta alla figlia di Sarah Palin (incinta, si era lasciata con il ragazzo), stava causando un uragano sulla discepola di McCain. Nicolàs Sarkozy, appena insediatosi all’Eliseo, fu oggetto di critiche per la crisi con la moglie, per poi essere osannato a seguito delle nuove nozze con Carla Bruni. E come non citare lo scandalo Sexygate che vide coinvolti l’allora presidente statunitense Clinton con la stagista Monica Lewinsky?

Il non plus ultra del gossip sui Capi di Stato è stato il “menage à trois” tra Camilla Parker-Bowles, il Principe Carlo d’Inghilterra e Lady Diana. Nel 1997 la vita della Principessa del Galles si spezzò su una colonna del Tunnel de l’Alma a Parigi. Solo il 9 aprile del 2005 Carlo, definitivamente libero, convolò a nozze con Camilla. Il matrimonio del secolo appena iniziato fu oscurato dai funerali di Giovanni Paolo II, avvenuti il giorno prima. Ironie del destino.

Accade oggi

Insomma, la gente ha assistito passivamente, ma con passione, a questi eventi, anche montati e incollati ad arte dai vari mass-media. Infatti, ecco che qualcosa succede anche in Italia. Il nostro Presidente del Consiglio presenzia ad un diciottesimo, in quel di Napoli, di una ragazza figlia di un amico di famiglia (non si è ben capito, ad onor del vero), già lanciata nello spettacolo – a livello locale – che si prende il lusso di chiamare il premier con il nomignolo “papi“, non tirandosi indietro alle interviste (almeno nei primi giorni).

Avendo saputo della notizia, Veronica Lario – nata Miriam Bartolini, già attrice di teatro -, moglie di Berlusconi, prima affonda contro “il paravento delle curve […] e della sfrontatezza e la mancanza di ritegno” in certe candidature femminili annunciate anche dal marito e poi dichiara la volontà di divorziare, sostenendo che non può stare “con un uomo che frequenta le minorenni” e che ha aiutato il consorte, nonostante i precedenti, “come si farebbe con una persona che non sta bene”.

Berlusconi, ovviamente scosso dalla dichiarazione della “Signora”, se la prende con la “stampa di sinistrain primis. Perché la Signora Lario non dovrebbe prendersela con Libero per le foto da prima pagina? Il “Silvio furioso” grida quindi al complotto, ma si deve sorbire anche i risolini più o meno ironici di Franceschini e Casini. E, da ultime, le smorfie de l’Avvenire, il giornale della CEI. Ultimo capitolo – per ora – sarà da Vespa stasera: lì potrà raccontare la sua verità, senza contraddittorio.

Situazione grottesca: prima di gridare al complotto della stampa (rectius: di certa stampa), afferma che si tratta di “una vicenda personale che mi addolora, che rientra nella dimensione privata, e di cui mi pare doveroso non parlare”. Ma poi va al salotto di Raiuno a parlare dei cazzi suoi e delle personali teorie del complotto (che c’entra la politica con le faccende familiari)? Il fatto certo è che la coppia è scoppiata. Punto!

Concludendo questo lungo (e forse tedioso) post. La cronaca rosa ha inquinato, a causa delle parti della vicenda, anche altre fattispecie quali politica o media. Paradosso: si cerca la riservatezza, ma si brama nel navigare nelle vicende altrui. Da spettatori si ride sulle disgrazie del famoso di turno. Se si è direttamente coinvolti, invece, si passa agli attacchi contro chicchessia, si assiste alle eventuali manipolazioni giornalistiche (senza colori), si parla solo attraverso i comunicati stampa o sorridendo con sforzo alle telecamere.

Circostanze che si vogliono evitare. E sfruttare. Contemporaneamente.

Aggiornamento: Come volevasi dimostrare.

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