E la ricerca? Anzi, e i ricercatori? by

28 Mag
2008

Prendendo spunto da questo (non interamente condivisibile ma interessante) e, soprattutto da questo (che invece condivido al 100%) per fare una breve riflessione sulla ricerca (anzi sui ricercatori) in Italia.

Intanto vediamo un po’ come funziona nei posti civili: tizio (o tizia, fa uguale) si laurea nella sua materia preferita. Ha la bravura e voglia per restare nell’ambito accademico e fa un concorso per un posto di dottorando. Dove? Bhé,volendo nello stesso posto dove si è laureato ma, molto più spesso, in un’altra università. Cambiare città (o stato) non è un grossissimo problema dato che la borsa di dottorato ti permette di vivere dignitosamente (seppur con qualche rinuncia). Finito il dottorato, se ha ancora voglia e dimostra le capacità, cercherà da qualche parte un posto come post-doc, ovvero una posizione temporanea (di solito annuale o biennale rinnovabile). Dove? Qualcuno torna da dove era partito, qualcuno cambia università, qualcuno cambia continente. Lo stipendio è sufficiente per vivere e per iniziare a pensare di metter su famiglia (che sarebbe anche l’età!) seppur non ci sia da diventare ricchi. A questo punto il nostro intrepido inizia a formarsi un curriculum di tutto rispetto, acquisisce esperienza nella gestione dei fondi, pubblica e si fa notare. Dopo qualche anno può iniziare a fare concorsi per un posto fisso e, se ha ben lavorato ed ha dimostrato di essere una persona capace, si stabilizzerà in una università dove (plausibilmente) farà partire un piccolo gruppo di ricerca.

E in Italia? tizio (o tizia, fa uguale) si laurea nella sua materia preferita. Ha la bravura e voglia per restare nell’ambito accademico e fa un concorso per un posto di dottorando. Dove? Farà bene a provare innanzi tutto nell’università dove a preso la laurea dato che l’80% abbondante delle borse vanno agli autoctoni. Se gli va buca può iniziare a provare in altre università italiane ma è bene che non abbia la velleità di scegliere di cosa occuparsi. Accetterà quel che gli viene offerto, qualunque cosa sia. Se decide di andare all’estero allora va a ricadere nella situazione descritta sopra. Con un’unica variante: non tornerà mai più in Italia. Un altro buon motivo per restare nella stessa università è che la borsa di dottorato (800 euro mensili) non permette di scialare tanto nell’affitto di una casa e quindi è bene affidarsi a soluzioni già sperimentate negli anni degli studi (che sia la casa di mamma e papà o una stanza presa insieme ad altri studenti). Finito il dottorato inizia la ricerca di un post-doc. E qui comincia la vera crisi dato che il 99% dei gruppi di ricerca non ha i soldi per farlo restare e gli altri gruppi in Italia non hanno i soldi per farlo venire. Ci sono quindi tre possibilità: o ha la fortuna di scovare dei fondi in un vecchio baule ed allora resta come post-doc dove ha fatto il dottorato, o va all’estero (ed allora non tornerà mai più in Italia), o si adatta a fare lo schiavo”aggratis” finché qualche santo non gli troverà una miserrima borsa per dargli di che vivere. Ovviamente in queste condizioni c’è poco da scialare nello spostarsi in su e giù per l’Italia ed ancora meno per mettere su famiglia. A questo punto il nostro intrepido inizia a formarsi una rete di conoscenze e “si mette in coda”. Infatti, nel 99,9% dei casi, in Italia avere un curriculum di pubblicazioni da favola e/o essere estremamente competenti non ha nulla a che vedere col ricevere il tanto agognato “posto fisso”. Quello che conta è in che coda ti sei messo (ovvero chi è il tuo boss e quanta influenza politica ha) e in che posizione della coda sei. Conta anche quando e come il governo di turno deciderà di bandire dei concorsi, dato che siamo un paese dove questi non solo arrivano col contagocce ma anche con una irregolarità che ha dell’assurdo. Insomma se hai perso il treno puoi metterti l’animo in pace. Anche se sei un genio. Certo puoi andare all’estero, ma vorrebbe dire non tornare mai pù in Italia.

1 Response to E la ricerca? Anzi, e i ricercatori?

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Marco L, uno in coda.

Maggio 29th, 2008 at 16:43

Triste, ma vero dalla prima all’ultima parola.

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