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Stamani mi è capitato l’occhio su un articoletto pubblicato sull’ultimo numero di Nature (lo trovate qui ma temo che senza abbonamento non possiate leggerlo) che parla del Giappone. Per farla breve le statistiche nipponiche dicono che il numero di studenti universitari che si iscrivono alle facoltà scientifiche è in calo, l’età media in cui si diventa ricercatori sta crescendo, la percentuale di scienziati provenienti dall’estero è sempre più esigua e ai giovani ricercatori giapponesi non piace andare a fare un periodo all’estero ma cercano un posto vicino a casa.
Che dite, vi suona familiare? Dovrebbe, infatti è esattamente la stessa situazione che abbiamo in Italia. L’unica differenza è che questo processo in Italia è in moto da almeno vent’anni e quindi la nostra situazione è molto peggiore della loro.
In Giappone il ministro dell’educazione è seriamente preoccupato di questa situazione (e pare che i suoi immediati predecessori lo fossero altrettanto) e ha pubblicato un white paper dove dichiara che, se non si pone rimedio in fretta a questo stato di cose, l’economia giapponese ne soffrirà pesanetemente e potrebbe “uscire dal novero delle potenze mondiali e dover rinunciare al suo attuale stile di vita“. Insomma non ci vanno leggerini. Il messaggio è: o ripartiamo in quarta con ricerca e sviluppo dal livello dell’educazione scolastica alla ricerca universitaria ed industriale o la nostra economia collasserà .
La domanda “e a noi che ci frega?” potrebbe anche sorgere spontanea. Tuttavia quello che mi ha fatto pensare (e mi ha messo un po’ di angoscia a dire il vero) è pensare alla nostra beneamata Italia. Noi abbiamo una situazione non solo peggiore della loro ma anche incancrenita dal nepotismo dilagante e da una cronica mancanza di meritocrazia. E nessuno sembra preoccuparsi troppo. Io di ministri che lanciassero allarmi del genere non ne ho sentiti e le riforme (belle o brutte che le si considerino) del Ministro Gelmini sono ferme da novembre in attesa di un decreto attuativo che pare essere stato dimenticato e senza il quale la legge (votata con procedimento di fiducia in quanto “urgente”) è inapplicabile e quindi inutile.
Insomma, esistono paesi dove si considera importante sviluppare un’industria di alta tecnologia e dove si capisce che per farlo bisogna investire nella ricerca, esistono altri paesi dove si insiste nel voler affidare tutto alla speculazione edilizia o al settore tessile. Le mie motivazioni a restare qui calano ogni giorno che passa…
1 Response to Il Giappone corre ai ripari (noi nicchiamo)
G.
Luglio 9th, 2009 at 09:41
Occhio, all’inizio del feed dell’articolo ci sono un paio di righe di spam.