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Ci sono cose così basilari (basilari per chi le sa, ovviamente) che nessuno si prende mai la briga di ribadirle o di spiegarle. Capita così che giornali e telegiornali sparino ogni giorno notizie sugli andamenti economici (PIL su dello 0,5%, Mibtel giù del 4% ecc ecc) senza che nessuno si curi di verificare che i destinatari di queste informazioni sappiano come interpretarle correttamente. Ecco, a me qualche dubbio è venuto e quindi provo a rispiegare in modo semplice una cosa che (troopo spesso) si da per scontata: gli incrementi (o decrementi) percentuali.
Lasciamo perdere i numeri reali e prendiamo un caso semplice: ieri il nostro indice in borsa era 100 ma oggi abbiamo perso il 50%, il nostro indice in borsa oggi quindi è 50. Se oggi recuperiamo il 50% il nostro indice domani sarà 75, ovvero un buon 25% sotto il valore di ieri. Questo potrà sembrare banale a molti ma il punto fondamentale è che le variazioni percentuali non si sommano! Se quindi abbiamo una stima del ministero del tesoro (non propriamente pubbliciazzata) che ci dice che il PIL calerà del 4,2% nel 2009 ma che crescerà dello 0,3% nel 2010 il risultato netto NON sarà una perdita del 3,9% perché quel guadagno di 0,3 punti percentuali si calcola sul PIL di oggi già decurtato del 4,2%. E quindi? A quanto ammonterà la perdita di PIL complessiva se prima perdiamo il 4,2 e poi guadagniamo lo 0,3? Qui sta il bello, se non sappiamo qual è il valore assoluto del PIL non lo possiamo calcolare in alcun modo. E, guardacaso, nessuno ce lo dà questo valore assoluto. Certo, da qualche parte questo dato è disponibile e non metto in dubbio che chiunque abbia una qualche infarinatura di economia possa trovarlo in breve tempo. Resta però il fatto che questa informazione (che sarebbe fondamentale per capire di cosa stiamo parlando) non viene mai data e quindi nessuno di noi può farsi un’idea semplice di quanto stiamo perdendo.
E allora perché giornalisti ed economisti si ostinano a darci le variazioni percentuali invece che quelle assolute? Non è cattiveria e nemmeno un complotto di menti malvagie, banalmente le variazioni percentuali sono utilissime se si parla di piccoli scarti. Se un indice economico va su o giù dello zero virgola qualcosa il suo valore assoluto non è cambiato molto e quindi una percentuale ci permette di trattare le informazioni in modo più intuitivo e compatto. Se però le fluttuazioni inziano ad essere importanti le percentuali raccontano solo metà della storia, e nemmeno la più importante.
2 Responses to Aritmetica elementare e andamenti economici
Pierre
Maggio 5th, 2009 at 18:47
Beh… Non e vero che non si possono calcolare le variazioni in percentuale.
Mettiamo: il PIL ieri e calato del 4.2%, e oggi e risalito del 0.3%.
Quindi il valore del PIL questa sera e PIL*0.958*1.003 (PIL* (100%-4.2%)*(100%+0.3%)), e quindi sara calato di poco meno di 4%.
Quindi, no, i percentuali non si sommano, e quindi la gente mal informata non riesce a calcolare la vera variazione.
Pero non penso che dire il PIL in valore assoluto abbia piu senso: il PIL, Prodotto Interno Lordo, vale in un senso semplificato la somma di tutti prodotti comprati su un anno sul territorio italiano. E quindi una cifra enorme, che non fa senso, e che e attorno a mille milliardi di euro ( fonte: http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/continaz/20080229_00/pilcomunicato.pdf). Che senso ha per una persona qualunque una cifra cosi alta ?
E una crescita del 0.3%, crescita ridicola, vuol dire una crescita attorno a 3 milliardi di euro. Che sembra, a una persona qualunque, una bella cifra, una bella “performance”. Quindi per il PIL, la cifra assoluta non fa tanto senso.
Per i valori di borsa, Mitbel, nasdaq, dow jones e altri, non e male dire il valore assoluto. Pero e un informazzione che capisce allora solo i finanzieri, che sanno cos’era il mese scorso.
Quindi , sono d’accordo, bisogna educare meglio la gente, e farli capire bene lo stato del economia. Pero valori assoluti non aiutano tanto.
J B
Maggio 6th, 2009 at 08:37
Infatti stai dicendo, più o meno, la stessa cosa che dicevo io: le variazioni percentuali sono molto più comode delle variazioni assolute quando si parla di piccoli scarti su grosse cifre. D’altra parte non contengono tutta l’informazione (cosa che gli scarti assoluti, per quanto scomodi, fanno) e non sono sempre lo strumento più adatto. Dare le variazioni percentuali assomiglia molto a descrivere una funzione tramite la sua derivata su un’insieme di punti equispaziati: talvolta è utile ma in molti casi fa perdere di vista il punto centrale della questione.