Il valore del mio prodotto
Nella quarta lezione (qui la terza), tenuta da Emma Tracanella, il focus è stato sugli aspetti economici: come valutare i costi, capire quando c’è da pagare e come valutare il mio prodotto.
Nei costi era importante capire la differenza tra costi diretti e indiretti, soprattutto perché sui secondi si rischia di peccare di ingenuità e dimenticarseli.. con gravi rischi per il bilancio finale. I costi indiretti, ad esempio, sono quelli più difficili da far figurare all’interno di un progetto finanziato (ho in mente i bandi di diverse fondazioni) perché, pur essendoci, è difficile quantificare (e quindi dimostrare) quanto impattano effettivamente il singolo progetto.
Uno strumento carino per costringersi a pensare a tutti i costi è il Cost of Doing Business Calculator, qui in versione per fotografi, ma online se ne trovano esempi diversi adattabili anche ad altri business.
Inserire una parte sui costi per cassa e per competenza è stata un’idea mia, dopo aver visto degli sguardi vacui quando ho accennato alla questione parlando del rapporto “Restart, Italia!” (dove si insiste sui problemi legati al fatto che “[..]Le imposte, al contrario, sono dovute per competenza e non per cassa, ossia fanno fede le fatture emesse e ricevute, non il loro reale pagamento.”).
Una volta fatti i conti sulle uscite, occorre valutare attentamente la gestione delle entrate e quindi quanto farò pagare il mio prodotto.
Uscire con un prezzo sbagliato è un rischio che potrei pagare caro: se esco basso non potrò poi aggiustare il prezzo verso l’alto a meno di non investire per riposizionare il mio prodotto.
E’ quindi il momento di fare una valutazione sul valore del mio prodotto e soprattutto sulla sua percezione: spesso il mercato è disposto a pagare diversamente due prodotti che fanno la stessa identica cosa, se mi vengono “venduti” (stavolta penso al marketing, non direttamente al prezzo) in maniera diversa. E’ il caso dei rasoi Gilette, dove quelli usa e getta mi costano meno di un rasoio a lame sostituibili (ovviamente a parità di prestazione), dello scotch piuttosto che dei mini-adesivi per attaccare i miei poster, fino ad arrivare ad esempi più famosi nel campo della moda (devo dire Lacoste? Lacoste!).
A metà tra la percezione e il prezzo ci sono anche i modelli attraverso cui penso di vendere il mio prodotto: un buon esempio è il freemium, che mi permette non solo di testare ma di avere un prodotto funzionante e gratis; Se me ne innamoro ho a disposizione una serie di funzionalità aggiuntive a pagamento. Oppure la pubblicità: penso che il prodotto sia gratuito e invece non rifletto sul numero di spot che subisco (alzi la mano chi non sta odiando gli spot all’inizio dei video di YouTube!).
Una risposta
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